Ricordo di Roberto Patrignani

Mercoledì sera ho visto un bellissimo film su RAI 3: “Indian. La Grande Sfida”, non so se avete avuto modo di vederlo, ma brevemente ve lo racconto. E’ la storia di un appassionato di motociclismo della Nuova Zelanda che sogna di andare allo Speed Week a Salt Lake, nello Utah, Stati Uniti. E’ un film poetico e pieno di umanità, semplice e asciutto nella narrazione. Racconta bene un tempo, a cavallo tra gli anni 50 e gli anni 60, dove la gente era forse più semplice di ora, ma racconta anche come la sincera passione, soprattutto quando accompagnata dall’educazione, susciti sempre simpatia e solidarietà. E’ la storia vera di Burt Munro (magistralmente interpretato da Anthony Hopkins) un motociclista che insegue per 25 anni un sogno che riuscirà a realizzare, attraversando anche una America che ho avuto modo di conoscere. Un paese fatto di gente cordiale e solidale, semplice e forse ingenua.

Ma vedere questo film mi ha fatto venire in mente una persona che ho conosciuto e che qualche volta mi manca. Si tratta di Roberto Patrignani, motociclista, giornalista e scrittore. Un poeta del motociclismo, un grande appassionato che è venuto a mancare da circa un lustro, proprio nel mese di gennaio. Roberto ha corso in diversi campionati mondiali e in diverse classi, con alterno successo, ma soprattutto ha partecipato alla realizzazione di diversi record di velocità. Non ultime prodezze i raid solitari come quello che lo portò da Milano a Tokio con una Vespa 150, cui seguì un bellissimo libro. La sua determinata passione, anche in età non più giovane, mi è stata ricordata proprio da questo film. Roberto ha corso fino a non molti anni prima della sua morte. Mi rimane il rimpianto, di non averlo accompagnato al Tourist Trophy, quando a metà degli anni ’90 me lo chiese. Mi sarebbe piaciuto guidare il furgone per quel caparbio, vecchio pilota, che si accingeva ad andare alla corsa più pericolosa del mondo. Condividere le fatiche e i momenti in cui l’odore della benzina, si mischia a quello dei panini da mangiare di fretta, perché c’è da sistemare la moto, cambiare le gomme, andare a punzonare il mezzo.

Questo film mi ha ricordato che bisogna seguire le proprie passioni e i propri sogni, che la risposta più logica non è sempre la migliore o comunque non sempre ci porta alla gioia dell’esistenza. Che non si diventa vecchi con l’età, ma quando si abbandona la voglia di vivere e di rischiare.

Di Roberto, oltre alla recensione del mio primo libro, mi rimane il ricordo della sua gentilezza, i tanti aneddoti con cui testimoniava un’epoca di gloriose prodezze, fatte con pochi soldi e tanta dedizione.

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