Sud America: quando le emozioni viaggiano in quota – Prima parte

42 giorni di viaggio in sella alla moto tra le mille meraviglie del Sud America.

Testo e foto di Giampiero Pagliochini

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Lima, Perù. È una giornata lunga quella che si prospetta ma alla sera andremo con le moto verso l’albergo, chiudendo una tre giorni passata tra fogli da vidimare e certezze che diventavano in un attimo illusioni: sdoganare è sempre un problema.

All’Hosta Senorial di Miraflores, quartiere In di Lima, rovistiamo tutto in un attimo, all’alba prenderemo verso sud.

La Panamericana scorre veloce sotto le nostre ruote, a sinistra l’oceano Pacifico, a destra dune di sabbia su cui si addensa l’umidità che sale dal mare. A Ica svoltiamo per Ayachucio, dopo pochi chilometri il sole fa capolino, ora la strada sale fino i 4000 m. A notte fonda, scrutiamo in lontananza le luci della città, benché qui sia inizio estate la temperatura risente dell’altitudine.

Ayachucio è la città delle chiese, isolata per decenni a causa del movimento terroristico Sendero Luminoso, ha ora riacquistato un interesse turistico rilevante. Così per un giorno anche noi ci tuffiamo nel mercato e nelle tante vie dove si vive uno spaccato del quotidiano, fatto a volte di antichi mestieri ma anche di mistificatori che vendono di tutto, come il tizio che spaccia una sorta di bollitura, a base di rettili locali immersi nel liquido, per un infuso miracoloso. Sono in tanti quelli che lo ascoltano, ma a noi dà solo l’idea della Wanna Marchi del momento.

Moto cariche e pieno di benzina fatto, la giornata sarà lunga e dura. La meta è Cuzco, l’antica capitale Inca, ma non andremo oltre Andahuaylas. È una giornata tutta in off, e si viaggia sopra i 4000 m. È la seconda volta che passo qui in 4 anni; la prima ad un bivio mi ero sbagliato per poi, pochi chilometri dopo, accorgermi che andavo a ovest invece che a sud. Ora no, hanno messo i segnali, il progresso ormai avanza, e sono pronto a scommettere che tra qualche anno sarà tutto asfaltato. Per ora mi godo polvere e sudore, anche se poco, vista l’altitudine.

Passato un bivio foriamo. Superato il passo, la strada scende a zigzag, e ad Acros, piccolo pueblo, il gommista è lo stesso di anni prima. Qui le stazioni di servizio si chiamano GRIFO, una sorta di riconoscimento, una bella vulcanizzazione e la camera è riparata, storie di altri tempi.

Giunti ad Andahuayas, dormiamo all’hotel Sol De Oro, dove si festeggia la riapertura dopo un restauro. Il boss intrattiene la gente fuori dall’hotel, dove va in scena uno spettacolo per l’evento, e a un tratto comunica che per l’occasione sono presenti quattro impavidi motociclisti italiani. Tutti credono che siamo lì per l’occasione, una promozione a costo zero, c’è forse miglior veicolo di pubblicità? Se mi sono stupito? In un certo senso si.

Il sole brucia a queste altitudini, ora la land è più piatta, e in lontananza appare la città di Abancay. Fine del parco giochi, 20 km a girare intorno alla montagna, poi l’asfalto, siamo scesi di 2000 m.

La strada del Cinquecentario, collega la costa a Cuzco, ma noi devieremo prima per Urubamba. Cuzco rappresenta il centro dove si amministrava l’impero Inca ma Urubamba resta l’epicentro da cui poter effettuare escursioni, specialmente per Machu Picchu. La vicinanza di Ollataytambo, permette infatti di risparmiare 45$ sul prezzo del biglietto ferroviario per Agua Calientes, paesino ai piedi di Machu Picchu, che puntualmente raggiungiamo all’indomani, in treno.

Machu Piccu è la città perduta: gli spagnoli la cercarono in lungo e in largo; per gli Incas fu l’ultimo baluardo di sopravvivenza, situata in cima ad una vallata in posizione strategica, con il fiume sacro alle pendici (Urubamba). Negli anni fu inghiottita dalla vegetazione, e le tante spedizioni per individuarla non le resero la fama dovuta. Fu solo più tardi, nel 1911 grazie allo storico statunitense Hiram Bingham, che Machu Picchu salì alla ribalta mondiale. Bingham, avendo capito l’importanza del sito e scoperto il luogo esatto, sollecitò la comunità scientifica internazionale ad investire per riportare alla luce le splendide rovine. Così quello che oggi appare all’occhio del turista testimonia nella realtà quello che era questo luogo incaico, meta di migliaia di turisti.

Si è fatta ora di riprendere la moto, sarà una giornata da turisti, con delle attrattive che a volte lasciano stupiti, come le saline di Maras. Trovare una conformazione salina a 3300 meti d’altezza è tutt’altro che normale ma in questa parte di mondo tutto sembra magico; lo sono anche le coltivazioni a gradoni di Moray dove gli Inca ambientavano le sementi per usarle a queste altitudini, tecnica ancora oggi in uso.

A Plaza d’Armas, a Cuzco, veniamo presi d’assalto; la moto crea curiosità, qualcuno ci ricorda il Rally Incas, manifestazione degli anni 90 voluta dal vulcanico Franco Acerbis, titolare dell’omonima società di componenti per moto. Facciamo una sosta a Chincheros, da qui aveva inizio il Rally, ma la vera attrattiva è il Crocefisso con Cristo negro, un modo diffuso in Sud America di rappresentarlo.

È ora di puntare a sud. Ushuaia è la nostra meta. Piove fino a Sicuani, quando lasciamo l’asfalto per Chivay. I chilometri da percorrere sono molti ma le ore davanti a noi sono tante. Eppure c’è sempre un ma e questa volta si chiama Yaury, una località di minatori dove da oltre 20 giorni manca l’acqua. La gente è tutta per strada, arrabbiatissima. A quel punto decido di tirare fuori tutta la mia esperienza, mi spaccio per il periodista televisivo di una famoso canale nazionale, riprendo la scena, fingo un’intervista con il portavoce dei minatori, confermo che andrà in onda in Italia. So che non è vero, ma restare per giorni fermi non è permesso. Così passiamo tra un alone di gente, poi arriviamo in paese, dove ci accolgono con enfasi. Anche qui riconfermo la mia professione, procediamo, ma all’uscita la cosa si complica. Qui sono tutte donne, e con loro non funziona dire che sono un giornalista, per fortuna però Italia campione del mondo suscita curiosità e ce la caviamo giocando una partitella uomini contro le donne, Italia contro Perù.

Saluti e abbracci ripartiamo, e arriviamo a un canyon oltre i 4000 m. Si è fatta sera quando giungiamo a Chivay, e fa freddo: sul valico prossimo ai 5000 m abbiamo trovato la neve.

Crollo sul tavolo del ristorante, sono cotto. Ho appena il tempo di riposarmi che è già mattino. Quando arriviamo al Canyon del Cholca, ci sono tanti turisti arrivati in pullman o jeep in attesa dei condor ma di loro nemmeno l’ombra. Qualcuno dice non verranno, ma poco dopo eccone uno, poi altri due, e a seguire tanti altri.

Guardo l’altimetro dell’orologio, 4779 m, intorno un panorama vulcanico, siamo in prossimità del vulcano Chachani, in lontananza Arequipa, la città bianca, per il colore delle pietre con cui è costruita, e sullo sfondo il vulcano Misti che regala tramonti mozzafiato.

Città universitaria, tra le più famose del Sud America, Arequipa conserva uno stile coloniale unico. Per il turista che pensa di spendere qualche giorno, i dintorni di Arequipa offrono escursioni di ogni tipo, ce ne è per tutti i gusti, dal monastero di Santa Catilina, alle tante stradine interna dove gustare un piatto della cucina tradizionale.

Ripercorriamo a ritroso la statale 34A, poi pieghiamo per Julica, piove eccome, e il panorama è un misto di montagne e lagune. Quando giungiamo a Puno il cielo è plumbeo, e lo rimarrà fino alla frontiera di Desaguadero. Qui siamo sul Titicaca, il lago navigabile più alto del mondo. Potendo si potrebbe spendere un giorno per visitare le isole degli Uros, isolotti costruiti con canna di totora, ma non possiamo permetterci divagazioni. Vorrei proseguire per la frontiera di Copacabana e così entrare in Bolivia traghettando il Titicaca. Ma c’è un problema: una protesta conto il governo, che vorrebbe costruire un ponte, ha fatto si che tutto il traffico si sia riversato da questa parte. E così oltre alla pioggia ci si mette anche la burocrazia, quella peruviana. Una volta in Bolivia tutto sarebbe più semplice, ma sono le 20, andare ora non è più possibile. A memoria non ricordavo ci fossero Hotel prima di La Paz; invece mi sbaglio, dall’ultima volta, 4 anni fa, a Twainaco, interessante sito archeologico sulle rive del Titicaca, sono stati costruiti 2 hotel, il progresso avanza.

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