Community di bikers al femminile. Cosa ne penso?

Le community di bikers al femminile. Spazi virtuali dove condividere gesta, gioie e dolori della nostra passione, con le nostre colleghe motocicliste.

Le community di bikers al femminile, come tutto ciò che è “riservato alle donne”, crea in me una sorta di allergia e scetticismo. I gruppi di sole donne, anche sul lavoro, non mi hanno mai messa a mio agio. In un campo però prevalentemente maschile, come quello della passione per la moto, il fare gruppo mi è sembrata un’ottima idea. Quindi perché no?

Una volta esistevano i forum. Alcuni, i più solidi che hanno resistito all’avvento dei social, esistono ancora e sono molto frequentati. L’intento è simile: creare interazione tra persone con la stessa passione e condividere esperienza, dubbi, consigli e tutto ciò che ruota intorno al mondo motociclistico.

I forum però hanno la caratteristica di essere più “slow”, i post viaggiavano meno freneticamente e ci si ferma di più a riflettere prima di scrivere. Questo non impedisce certo l’insorgere di discussioni, anche molto accese. Ma probabilmente si dà più peso alle parole.

Le social community hanno ritmi più serrati. le comunicazioni viaggiano in tempo reale e le risposte sono repentine. Abbiamo sempre lo smartphone in mano e lasciare un commento richiede solo pochi attimi. 

Appena entrata in possesso di una moto anche io ho sentito il bisogno di entrare a fare parte di un paio di community su Facebook di donne motocicliste. Prevalentemente per cercare qualche amica vicina a me con cui organizzare dei giri ma poi, una volta dentro, mi si è aperto un mondo.

Cosa succederà mai nelle community di bikers al femminile? Assolutamente nulla di diverso da quello che accade negli altri gruppi. Si raccontano i viaggi fatti, si chiedono consigli sul casco più silenzioso, si scambiano opinioni. 

Allora qual è la differenza? Ovviamente tra donne si è più libere di esprimersi senza paura di sentirsi inadeguate o porre quesiti sciocchi. Si incoraggia chi è alle prime armi o deve ancora prendere la patente, ci si conforta dopo una scivolata, e ci si elogia per i piccoli successi personali.

In questi gruppi si può chiedere pareri sull’abbigliamento più adatto alle proprie forme, come anche sul metodo migliore per ingrassare la catena. Si cercano compagne di viaggio e si raccontano episodi buffi.

Come dappertutto ci sono le smanettone, le fermone, quelle che condividono ogni istante e chi legge in disparte convinta di non aver nulla di interessante da dire. Nascono discussioni, a volte anche con toni accesi e poco educati, e le moderatrici hanno il loro bel da fare. Si creano però anche belle amicizie che si trasformano in rapporti reali.

Insomma, credo che queste realtà social siano un ottimo spazio di aggregazione e condivisione. Hanno delle caratteristiche comuni anche ad altri gruppi di appassionati, ma sono in grado di soddisfare meglio le esigenze delle motocicliste. 

Quello che non gradisco delle community di bikers al femminile è la chiusura, che sebbene comporti i tanti vantaggi di cui ho scritto sopra, crea una sorta di schieramento sessista uomini contro donne. Molte motocicliste sono portate a pensare che i loro colleghi uomini le osservino sempre con senso di superiorità e siano pronti a giudicarle e deriderle. Invece, “frequentando” anche gruppi di bikers prevalentemente maschili, questo atteggiamento non l’ho mai notato. Anzi, gli uomini ci guardano con ammirazione. 

Probabilmente in futuro il popolo delle donne in moto sarà tanto numeroso da superare questo aspetto e considerarci tutti al pari, come già accade in molti paesi europei. In quel momento queste community si può dire che abbiano contribuito a farne crescere il numero, incoraggiate dall’esempio di altre colleghe bikers, donne, mamme, nonne, insomma, motocicliste come loro. 

Faccio una doccia e arrivo

 

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