Special – Mente

di Flavio Carato

Le Special, le cafè racer, la moda!
Quella che ormai sta impazzando nel nostro mondo.
Ogni motociclista da sempre ha desiderato una moto unica, personale, calzante al proprio gusto, ma di solito si trattava di qualche piccola modifica o di una verniciatura particolare.
Le Special erano prodotti di nicchia o moto di qualche appassionato che metteva la propria arte e fantasia al suo servizio o a quello di qualche cliente.
Ora invece la moda ha fatto moltiplicare le officine, più o meno riconosciute e affidabili, ha sviluppato la forte consapevolezza che ognuno possa farsi una Special e possa fregiarsi il titolo di “Garage”.
Moto spesso molto simili, fino a far esclamare “son tutte uguali”.
Pochi sono in grado di uscire dal coro e spesso osando troppo fino a snaturare la moto facendola diventare un oggetto inanimato e immobile.
Certo pasticciarsi la moto è fattibile per chiunque abbia un minimo di cognizione meccanica, o un valido amico capace.
Se proprio non si sa dove sbattere la testa ci sono un’infinità di “Meccanici” pronti a inventarvi la vostra “Moto Ideale”, schiere di improvvisatori che si affiancano ad altri ormai affermati che nulla hanno da dimostrare, se non la differenza tra il fare e il fare bene.
Ma è giusto?
Qual è il senso di una Special?
Potremmo discutere per ore sulla definizione, si potrebbe creare un dibattito sui veri Customizzatori e su quelli improvvisati, la discussione poi sul gusto e sul canone estetico poi sarebbe infinita.
Perché in fondo le Special non hanno regole, o meglio le regole le fanno chi le realizza e quindi ognun per se.
Non sono un esperto, conosco veramente poco il settore, ma sono convinto che una Special debba innanzitutto piacere a chi l’ha pensata, a chi l’ha voluta e quindi a chi l’avrà nel box.
Non importa quanto è costata, bella o brutta per gli altri sarà comunque la più bella agli occhi del proprietario perche è “La sua”, unica e personale.
Ho un’altra convinzione, la moto deve portarci a spasso, quindi Special o Cafè Racer che sia devono innanzitutto essere funzionanti, devono poter circolare, devono portare in giro il sogno.
Altrimenti non sono moto sono statue, magari pregevoli, magari espressioni d’arte, ma ferme, immobili, il contrario dell’essenza della Moto.
Allora ben venga a questo punto la fantasia, ben venga la voglia di dare nuova vita a pezzi di ferro destinati alla demolizione.
Moto obsolete e ormai sfatte che rinascono come Arabe Fenici per far muovere i sogni e i sorrisi dei loro piloti.
Mi piacerebbe vedere moto sognate e realizzate con passione, lontano dal puro interesse economico, moto che trasmettono sensazioni e sentimenti, moto dove riconoscere come in una Fisiognomica Motoristica, il proprietario.

Ph. Fabrizio Jelmini

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