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La prima tappa, KOBARID, diciamola in italiano: Caporetto! Certo, quando studiamo la storia patria e a questa località siamo costretti associare una delle più disgraziate disfatte del nostro esercito, nel corso della Grande Guerra, siamo portati a pensare che sia una località in territorio italiano (così come siamo portati a pensare, aiutati dalla retorica patriottarda della Prima Guerra Mondiale, a considerare l’Isonzo – ma qui in Slovenia il suo nome è Soča – un fiume italico, in realtà nasce e si sviluppa per la maggior parte del suo corso in terra slovena), ma l’Italia, pur se distante pochi chilometri, resta appena aldilà dello spartiacque rappresentato dalle Alpi Giulie, e quello che è diventato l’archetipo di tutte le disfatte è un piccolo paese sloveno.
Kobarid (continueremo a chiamarlo così, in omaggio al Paese che ci sta ospitando) ricorda molto da vicino tanti altri piccoli paesi di mezza montagna austriaci o tedeschi: pulito, ordinato, con alcune “stube” decorate con rossi gerani e particolari in legno abbrunito del tempo, un paese tranquillo dove trovano la loro confluenza diversi corsi d’acqua – a cominciare proprio dall’Isonzo che nasce non troppo lontano da qui – ma gli “hot spot” di questo pacifico paesino sono tre luoghi che, ossimoro della storia, evocano una delle pagine più disgraziate della storia umana, in particolare della storia europea: il sacrario di Sant’Antonio che custodisce le salme di oltre 7000 caduti italiani, il Museo della Prima Guerra Mondiale e, a pochi chilometri, l’estensione del museo con la parte “a cielo aperto”.
Passare dalle linde stradine di Caporetto all’interno del Museo e degli orrori che testimonia è veramente fare un salto senza rete.
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Il Museo è distribuito su più piani, la sua particolarità interessante è rappresentata dal fatto che il piano terreno è tematico e ogni anno viene dedicato all’analisi della Grande Guerra e alla raccolta dei relativi reperti fatta da parte delle varie nazioni che parteciparono all’evento: ogni anno è dedicato quindi ad uno degli Stati belligeranti che mette a disposizione del Museo sia i suoi reperti sia la sua particolare visione degli eventi attraverso i pannelli di commento.
Nei piani superiori si trovano invece armi, diorami dei teatri di battaglia, ricostruzioni di ambienti (particolarmente suggestiva è quella di un rifugio in trincea italiano…), bandiere e documenti vari, tra i quali alcune fotografie che mostrano tutta la brutalità della guerra sull’uomo. In una sala dedicata alla proiezione di un bellissimo audiovisivo – realizzato in varie lingue, ad ogni versione è dedicata una fascia oraria – che mostra eccezionali documenti visivi sulla Prima Guerra Mondiale e, in particolare, sugli eventi che videro questo piccolo paese tragico protagonista di una delle battaglie più cruenti del conflitto.
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Ma il Museo non si limita alle sale del palazzo che ospita i numerosi reperti: esiste un “museo all’aperto”, una ventina di chilometri prima di Caporetto, disposto lungo una strada alternativa a quella che si percorre normalmente sul fondo valle.
Questa strada – divertente da fare in moto perché si sviluppa a mezza costa sulla collina che domina la valle dell’Isonzo ma, viste le condizioni dell’asfalto, anche de percorrere con un minimo di attenzione – parte dal paesino di Volče per tornare a scendere a valle a Idrsko, poco prima di Kobarid.
Lungo questa strada, in località Kolovrat, sono state ricostruite o, meglio, ripristinate le trincee e le linee difensive utilizzate dai nostri militari nel conflitto del 15-18. Un giro su queste alture può essere fatto anche dopo la visita al Museo di Caporetto in maniera da muoversi in queste trincee avendo chiaro come si svolsero gli eventi.
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