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La Riserva Naturale delle Torbiere del Sebino

Situata sulla sponda meridionale del Lago di Iseo,  la Riserva Naturale delle Torbiere del Sebino è la zona umida più importante della provincia di Brescia.
E’ un’area piuttosto ristretta di solo 360 ettari, ma estremamente interessante. E’ composta da specchi d’acqua e canneti ed è circondati da campi coltivati e poche strade ed abitazioni, mentre nella sua parte settentrionale si trova a diretto contatto con il Lago d’Iseo nella zona denominata lametta.

Al suo interno c’è una parte formata da grandi vasche divise da sottili argini di terra e un’altra area con vasche ottenute dall’escavazione dell’argilla.

La torba deposito composto da resti vegetali ed animali affondati ed impregnati d’acqua il cui processo di decomposizione non si è concluso a causa dell’acidità dell’ambiente, cominciò ad essere sfruttata quando si scoprì che, una volta essiccata, aveva una resa calorica superiore alla legna e di poco inferiore al carbone.

La torba infatti, è lo stadio iniziale della formazione del carbone, processo arrestatosi per gli sconvolgimenti avvenuti tra la fine dell’era terziaria e l’inizio della quaternaria.

Utilizzata già alla fine del ‘700 come combustibile nelle filande di Iseo, è però dalla metà dell’800, che inizia lo sfruttamento massiccio del giacimento.

Il metodo di estrazione era attuato manualmente, con il metodo dell’escavazione ad umido. Tolto il primo strato di erba e terra, che poteva variare da pochi cm fino a circa mezzo metro, si trovava l’acqua . Si procedeva quindi all’escavazione con uno strumento affilato lungo circa 90 cm, montato su un manico di quattro-cinque metri.

Nella torbiera si lavorava in piccole squadre di quattro o cinque operai ognuna.  Lo scavatore ed un aiutante estraevano grossi cubi di torba affidati poi a tagliatore che aveva il compito di ridurla in pezzi più piccoli, per facilitarne il trasporto, utilizzando una grossa lama. Affidata ai trasportatori veniva sistemata per una essiccazione iniziale, per poi essere stivata in magazzini posti nei pressi della torbiera. Utilizzate fino agli agli anni ’50 le Torbiere del Sebino sono ora una preziosa riserva con un  complesso ecosistema.

Tra le specie presenti il luccio, la tinca, la scardola, la carpa, il pesce gatto, l’anguilla, il persico reale, il persico sole, il persico trota, l’alborella, il vairone.
A parte il pesce persico trota (branzino) introdotto 35 anni fa’ ed il il pesce gatto introdotto 15 anni fa’, tutte le altre specie sono autoctone.

Nella zona palustre nidificano 17 specie per un totale di 200/300 coppie di: cannareccione, migliarino di palude, tuffetto, tarabusino, porciglione, cannaiola, cannaiola verdognola, salciaiola, marzaiola, voltolino, forapaglie, pendolino, folaga, cuculo, germano reale, gallinella d’acqua, usignolo di fiume.

Tra la vegetazione troviamo le ninfee,  canne palustri, giunchi di palude, cannucce, felci di palude, mentre ai margini troviamo salici, pioppi, ontani e fragole.

Maggiori informazioni:

www.torbiere.it

[nggallery id=21]Situata sulla sponda meridionale del Lago di Iseo,  la Riserva Naturale delle Torbiere del Sebino è la zona umida più importante della provincia di Brescia.
E’ un’area piuttosto ristretta di solo 360 ettari, ma estremamente interessante. E’ composta da specchi d’acqua e canneti ed è circondati da campi coltivati e poche strade ed abitazioni, mentre nella sua parte settentrionale si trova a diretto contatto con il Lago d’Iseo nella zona denominata lametta.

Al suo interno c’è una parte formata da grandi vasche divise da sottili argini di terra e un’altra area con vasche ottenute dall’escavazione dell’argilla.

La torba deposito composto da resti vegetali ed animali affondati ed impregnati d’acqua il cui processo di decomposizione non si è concluso a causa dell’acidità dell’ambiente, cominciò ad essere sfruttata quando si scoprì che, una volta essiccata, aveva una resa calorica superiore alla legna e di poco inferiore al carbone.

La torba infatti, è lo stadio iniziale della formazione del carbone, processo arrestatosi per gli sconvolgimenti avvenuti tra la fine dell’era terziaria e l’inizio della quaternaria.

Utilizzata già alla fine del ‘700 come combustibile nelle filande di Iseo, è però dalla metà dell’800, che inizia lo sfruttamento massiccio del giacimento.

Il metodo di estrazione era attuato manualmente, con il metodo dell’escavazione ad umido. Tolto il primo strato di erba e terra, che poteva variare da pochi cm fino a circa mezzo metro, si trovava l’acqua . Si procedeva quindi all’escavazione con uno strumento affilato lungo circa 90 cm, montato su un manico di quattro-cinque metri.

Nella torbiera si lavorava in piccole squadre di quattro o cinque operai ognuna.  Lo scavatore ed un aiutante estraevano grossi cubi di torba affidati poi a tagliatore che aveva il compito di ridurla in pezzi più piccoli, per facilitarne il trasporto, utilizzando una grossa lama. Affidata ai trasportatori veniva sistemata per una essiccazione iniziale, per poi essere stivata in magazzini posti nei pressi della torbiera. Utilizzate fino agli agli anni ’50 le Torbiere del Sebino sono ora una preziosa riserva con un  complesso ecosistema.

Tra le specie presenti il luccio, la tinca, la scardola, la carpa, il pesce gatto, l’anguilla, il persico reale, il persico sole, il persico trota, l’alborella, il vairone.
A parte il pesce persico trota (branzino) introdotto 35 anni fa’ ed il il pesce gatto introdotto 15 anni fa’, tutte le altre specie sono autoctone.

Nella zona palustre nidificano 17 specie per un totale di 200/300 coppie di: cannareccione, migliarino di palude, tuffetto, tarabusino, porciglione, cannaiola, cannaiola verdognola, salciaiola, marzaiola, voltolino, forapaglie, pendolino, folaga, cuculo, germano reale, gallinella d’acqua, usignolo di fiume.

Tra la vegetazione troviamo le ninfee,  canne palustri, giunchi di palude, cannucce, felci di palude, mentre ai margini troviamo salici, pioppi, ontani e fragole.

Maggiori informazioni:

www.torbiere.it

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