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Tunisia in moto, un viaggio sensoriale tra natura e storia

Uno dei paesi più sicuri del Maghreb, dove l’accoglienza è ancora sincera e disinteressata. La Tunisia in moto è un’esperienza indimenticabile

Vivo in Tunisia da anni, e quindi posso confermare quanto sia un paese affascinante e ricco di storia, sicuramente adatto per essere scoperto in moto. Un posto meraviglioso, in crescita e soprattutto aperto verso quelle che sono le esigenze e le necessità di chi lo visita.

Arrivando dal mare le  prime cose che si vedono sono un minareto e un campanile: un’immagine che rispecchia il pensiero di tolleranza e convivenza su cui questo paese si è sempre basato.

Un piccolo paradiso per le moto

In Tunisia i motociclisti sono veramente trattati coi guanti bianchi: sono attesi, rispettati e ovunque i poliziotti, che cavalcano BMW RT, elargiscono smaglianti sorrisi ed il saluto militare, arrivando spesso a bloccare il traffico locale per consentire il nostro deflusso. Tentare ora di mettere su carta i ricordi e le impressioni che un viaggio in Africa ti lascia non è poi così difficile.

Ti aiutano in questo compito le esperienze personali, i commenti e le foto. La memoria lavora intensamente, come l’hard-disk di un computer, catalogando sistematicamente tutte le immagini e le sensazioni che si sono vissute per poi riproporle come flashback, quando meno te lo aspetti. Ed ecco apparire le facce, i posti, gli odori, l’ospitalità e la semplicità che si è apprezzata e condivisa. Ecco perché un viaggio comincia con una partenza, finisce con un ritorno, ma continua sempre con un ricordo.

Tunisia in moto

 

Attraversare il territorio tunisino, fuori dai luoghi turistici di massa, arricchisce di sensazioni uniche che si vivono con grande umiltà e ci offre l’opportunità di entrare in contatto con luoghi e costumi a noi sconosciuti.

Si sbarca e comincia l’avventura

Sbarcati a la Goulette, è forte l’impatto con gli interminabili e severi controlli doganali, poi l’attraversamento di Tunisi sotto gli occhi della gente incredula di vedere tanti mezzi insieme… via via le paure svaniscono nel constatare quanto cordialmente ci accolgono nella loro città.

Diretti in hotel a Kairouan, il primo contatto con le strade e le zone desertiche con un tramonto splendido alle spalle, il sole che cala tra le montagne conferma che il sogno programmato da mesi si sta avverando, la voglia di macinare chilometri aumenta sempre di più tanto da attendere che arrivi il mattino per ripartire.

La strada scorre via veloce, a tratti ci tengono compagnia i resti dell’antico acquedotto romano.

La prima cosa che si scorge, man mano che ci si avvicina a Kairouan, è il minareto tozzo, dallo stile austero e povero, tipico dell’architettura aghlabita. La Grande Moschea – principale attrattiva di Kairouan, che è la quarta città santa dell’Islam dopo La Mecca, Medina e Gerusalemme – è centro di culto dell’intera Tunisia. Arrivare qui per un musulmano può dispensare dal viaggio alla Mecca, (previsto in uno dei cinque principi dell’Arkan) chi visita per ben sette volte la Grande Moschea chiamata Sidi Uqba.

Kairouan La grande Moschea

Il portale e il grande cortile interno sono in perfetta armonia di linee e volumi con l’interno dell’edificio, e la sala delle preghiere, visitabile solo dall’esterno, dà un tono di colore e sacralità al tutto. Lungo la strada sono molti i locali, uno di fianco all’altro; il fumo che li riempie ci costringe ad avanzare lentamente con gli occhi socchiusi. Attorno ad ogni tavolo uomini che parlano del più e del meno, giocano a carte e si passano il filtro del narghilè (questo reportage fa riferimento a un periodo lontano dal Covid), qui più comune con il nome Shisha. In piena città vecchia, un cammello bendato che cammina in tondo lentamente, siamo nel Bir Barbuta: il cammello pompa acqua dal pozzo la cui leggenda narra essere collegato direttamente con quello di Zemzem, a La Mecca, o almeno è quello che dicono.

L’eco di tempi antichi è ancora palpabile

Approfittiamo al mattino, di una sosta panoramica allo splendido mausoleo di Sidi Sahab, sovrastato dal suo elegante minareto. Questo mausoleo è anche chiamato “del barbiere“, perché la leggenda narra che il santo, compagno di Maometto, portava sempre con sé tre peli della barba del Profeta. Ceniamo a base di cibi tipici: Brik, Tajine e Harissa.

Il nostro itinerario continua verso Sbeitla, sito in cui sorgeva l’antica Sufetula, risalente al I secolo d.C.

Si intuisce subito che l’Oued Sbeitla (fiume) nutrendo la campagna adatta alla coltivazione degli ulivi, contribuì alla crescita della città romana e che le rocce facilitavano il contrasto con le tribù locali ribelli. Passeggiando tra le antiche vie è facile “scorgere” frammenti di vita quotidiana di quei tempi: donne curate che si rilassano nelle Grandi Terme, bambini che giocano nella Grande Piazza, atleti a confronto nell’Anfiteatro, uomini silenziosi immersi nella preghiera nei Templi di Giove, Giunone e Minerva, bravissimi attori in competizione per contendersi la simpatia dei ricchi che osservano e bisbigliano seduti a teatro.

L’oasi pietrificata di Beckry

Attraversiamo paesaggi monotematici, ordinatissime e simmetriche file di uliveti, disegnano un quadro bellissimo che contrasta con l’azzurro intenso del cielo.

Passiamo per Gafsa, oasi pre-sahariana di poca importanza se non demografica, da dove si intravede nuovamente il classico scenario del deserto. Questa oasi sembra ancor oggi risentire del trauma che la vide protagonista la notte tra il 27 e il 28 gennaio 1980, quando un “commando“ libico si impadronì della città e la tenne in assedio per tre giorni. Nonostante gli anni, la città si presenta malinconica e diffidente, anche se molto caratteristica, non ha niente da offrire ad accezione delle piscine romane che attraggono ancora un gran numero di turisti, forse non per il loro splendore, ma per i tuffi che i bambini locali, per pochi dinari esibiscono nella poca, sporca e stagnante acqua rimasta.

Nel riconoscere e ribadire che ciò che si può vivere e ammirare in Tunisia è sicuramente superiore alle proprie aspettative, una forte emozione la si avverte percorrendo il tratto desertico compreso tra Gafsa e Tozeur.

Ong el Jamel ” Collo di Cammello “

Sì, perché arrivati ad un certo punto in cui tutto intorno è arido e rovente, ti accorgi lungo la strada che l’unica presenza è alla tua destra, ed è la tua ombra disegnata sull’asfalto, hai come l’impressione di andare verso l’infinito. Un binario della ferrovia, non elettrificata, la famosa strada ferrata cantata da Battiato nella canzoni I treni di Tozeur, interrompe la linearità del paesaggio circostante. Arrivati a Tozeur, saliamo sul belvedere per goderci la vista della corbeille.

Questa splendida città, insieme a Nefta, raggruppa qualcosa come 6.000.000 di palme e considerando che alle sue spalle si estende il Chott, lo spettacolo si può solo immaginare. Ci addentriamo nel Suk, che a volte ricorda un girone infernale di Dante: qui spezie dai mille colori e profumi giacciono in compagnia di sacchi di aringhe essiccate, tappeti, scarpe sportive, utensili e monili, ed ovunque galli e galline, portati anche a decine da piccoli bimbi usciti dalla vicina scuola.

Quando si incontra il deserto, si Incomincia ad avere qualche timore, seppur controllato, è di fatto una prima prova di resistenza con te stesso, ma soprattutto una prima grande emozione, pochi chilometri più avanti: dei dromedari pascolano sul ciglio della strada, sono i nuovi pedoni incontrati dalle nostre moto.

Tunisia in moto: Oasi di tamerza

Il road book prevede la visita delle oasi di montagna; il paesaggio è dapprima arido, poi, l’esplosione di piante e di fiori colorati che nascono dal nulla come le fresche acque che sgorgano dalle pendici rocciose della collina, rianimano l’ambiente. Il verde ricamo delle palme segue l’andatura incerta del torrente nella vallata, sino a che l’acqua svanisce avviluppata dalla sabbia.

Guerre Stellari e il Generale Rommel

Tamerza, Chebika e Mides, sono simili nel presentarsi improvvisamente tra le rocce spoglie, ma completamente diverse nella conformazione. In particolare Tamerza ha un drammatico recente passato: poco più di 30 anni fa è stata completamente rasa al suolo da un’alluvione e le rovine della città sono ancora perfettamente visibili di fronte a quella che adesso è la Tamerza nuova.

Percorrendo la pista di Rommel, la famosa strada che il Generale Tedesco comunemente conosciuto come la volpe del deserto, ci spalanca dall’alto una veduta mozzafiato, un paesaggio surreale con sullo sfondo il Chott. Prima di attraversarlo, ci diriagiamo verso un altro Chott, quello denominato El Gharsa, percorrendolo a ritroso raggiungiamo Ong el Jamel, una bellissima strada asfaltata che si insinua fra le dune fino ad arrivare alle dune del omonime e al set del campo di Guerre Stellari.

Tunisia in moto
Il campo di battaglia di Guerre Stellari

Il grande lago salato Chott El Jerid, è la nostra prossima meta. Il gruppo di moto, che assume le sembianze di un enorme anaconda, percorre la suggestiva strada rialzata, lasciando alle spalle il magnifico palmeraie il cui disegno si rifrange creando suggestivi miraggi, stiamo guidando in direzione Douz, la porta del Sahara!

La capitale dei datteri

La traversata, con i miraggi all’orizzonte creati dalla forte evaporazione superficiale termina lasciando emozioni meravigliose, impossibile non catturarle con una foto. Percorriamo la strada che lo attraversa quasi a fatica a causa del sole che riflette a contatto con i cristalli di sale. Nell’isolamento del casco provate ad immaginare che qui, molti anni fa, c’era l’oceano. Questa volta il verde in lontananza non è un miraggio, ai piedi del Grande Deserto di sale, immersa in un immenso palmeto verde, si trova Kebili, la capitale dei datteri

Chott el Jerid

Verso Ksar Ghilane

Ci dirigiamo verso l’oasi pietrificata di Beckry. Sorprende la sua bellezza e il fatto che non è segnalata né sulla cartina né sulle guide! Inevitabilmente, la sosta di pochi minuti prevista si dilunga. Il paesaggio è incantevole, il tempo, in un posto così, si regala con piacere.

Arrivati nell’oasi abbiamo il primo contatto con le dune e la sabbia. La moto viene spinta in mezzo fino ad insabbiarsi, solo così si realizza immediatamente il limite dei pesanti bicilindrici sulla sabbia.

Tante le immagini ancora ben impresse nella mente: il sale, nel Chott El Jerid, ci ricordiamo subito dei colori dominanti del bianco accecante ma anche del verde e del rosso dei minerali disciolti nelle pozze che costeggiavano la strada.

Il sole sparisce improvvisamente all’orizzonte e il passaggio dal giorno alla notte è istantaneo. Il bianco del sale cede la scena al tramonto, non si sa cosa guardare prima.

La voglia di provare a “galleggiare” in moto sulla sottile crosta salata è forte, ma il cedere della superficie, il potere corrosivo del sale potrebbe coincidere con un pessimo ricordo, e ci aspetta una notte a Ksar Ghilane, tra le dune del deserto più ampio del Pianeta. È infatti proprio a Ksar Ghilane, piccola oasi alle porte del Sahara nel grande sud della Tunisia, dove iniziano le dune vere, il vero deserto, dove proveremo le emozioni più intense. Abbiamo il tempo di constatare quanto il deserto è potente, ammirando il processo di desertificazione a Sabria, piccolo centro ormai inghiottito dalle dune.

Al tramonto un leggero strato di sabbia si solleva fino a delineare il perimetro del fortino diroccato appartenuto alla Legione Straniera, forse in passato un importante avamposto militare dove si sono consumate tante vite, ora un rudere a presidio del nulla. Questa atmosfera ti invita a contemplare insieme al Ghibli, il vento caldo del deserto, quel paesaggio incantato e ad “ascoltarne” il silenzio, ed il suo rumore, che ogni momento cambia di intensità.

La Sorgente calda di Ksar Ghilane

“La prima volta che un Tuareg vide il mare lo definì un deserto d’acqua, così come la prima volta che si vede il Sahara non si può fare a meno di pensare ad un mare di sabbia. Da quel momento la vita cambia, da quello che era un viaggio un po’ diverso nasce un crescente desiderio di vedere di più, conoscere meglio, capire o semplicemente, tornare! Tornare è inevitabile. Sempre più frequentemente.”

La famosa Pipe-Line

Ci fermiamo lungo la famosa Pipe-Line, ora una strada asfaltata che cede comunque alle rigide regole del deserto, collegamento però fondamentale con il mondo civile. Nonostante le buche, velocemente torniamo alla vita moderna delle città, senza però sacrificare il cordone ombelicale che ci lega al bisogno del superfluo e che si percepisce bene, visitando Matmata e Metameur, città caratterizzate dalle abitazioni scavate nel terreno. Il buco centrale da origine al cortile a cielo aperto, che ospita nel suo centro un pozzo che ha la funzione di raccogliere l’acqua piovana.

Tutto intorno si dispongono le varie stanze delle abitazioni scavate all’interno della collina. Questo tipo di architettura troglodita caratterizza la temperatura dell’abitazione, proponendo il fresco d’estate e il caldo d’inverno.

Tipica casa troglodita a Metameur

È comunque il paesaggio circostante ad avere dato lustro a questa zona, da quando nel 1976 il regista americano John Lucas lo scelse per girare la maggior parte delle scene del film Guerre Stellari. L’Anaconda riprende la strada verso sera, per visitare la splendida valle di Toujane. La strada si inerpica in un paesaggio dai colori che rischiano di deconcentrare la guida e dopo molte curve scendiamo verso Metameur e poi ancora a Ksar Ouled Soltane dove visitiamo i resti ancora ben conservati delle Gorfas, chiamati anche granai fortificati perché in tempo di pace servivano per stipare appunto il grano, mentre durante le guerre fra tribù si trasformavano in vere e proprie fortezze.

El Jem

È  tempo di risalire verso nord, passando per El Jem che ospita uno dei tre meglio conservati anfiteatri romani al mondo, dopo Roma e Capua, risalente al periodo del console Gordiano.  Purtroppo questo cede un po’ della sua maestosità alle molte costruzioni abitative che lo stanno in parte “soffocando”.

Tunisia in moto: Transito sul Chott el Jerid

Ritroviamo la costa a Monastir dove abbiamo il tempo di ammirare il bellissimo Ribat sul mare ancora ben conservato, poi ripartiamo con la conferma che un viaggio così intenso, è da farsi esclusivamente in moto, concentrandosi, chilometro dopo chilometro con grande intensità, in quello che si sta vedendo, cercando di assaporarlo con tutti i sensi di cui siamo forniti.

Allora ecco, senso per senso, cosa ci si può ricordare di un viaggio in Tunisia

Vista: la luce ambientale dovuta alla purezza dell’aria, le sterminate pianure desertiche, l’acqua incanalata per bene nelle oasi di montagna, il bianco abbagliante del Chott El Jerid, il verde delle oasi all’improvviso dopo chilometri di deserto, le dune e i dromedari che sono davvero affascinanti. Strade che ti danno un senso di assoluta libertà e onnipotenza quando le attraversi con la moto e le senti quasi una terra di conquista. I tramonti.

Olfatto: l’odore di montone arrostito ovunque e a tutte le ore del giorno, quello del the alla menta, l’odore di spezie che senti quando entri nei villaggi, L’odore di fresco delle oasi, l’odore pesante dei dromedari, l’odore di pulito dopo la doccia serale che spazza via tutti gli altri. Le essenze del fumo della shisha.

Udito: il silenzio assoluto che avverti quando ti isoli in mezzo alle dune, la musica berbera ascoltata quasi fastidiosamente, il richiamo alla preghiera del Muezzin. Il rumore delle moto che si accendono alla mattina presto.

Gusto: il the alla menta, il brik, una bottiglia di acqua ghiacciata al caffè di Bir Soltane in pieno deserto, la zuppa berbera che abbiamo appena assaggiato tra le dune prima che si scatenasse il finimondo, il pane cotto nella sabbia.

Tatto: le maniglie del manubrio dello moto, l’aria calda che attraversi e tagli come un coltello con la tua moto, la sabbia del deserto fra i denti, la consistenza delle dune di sabbia nell’oasi pietrificata. I cristalli di sale di Chott El Jerid,

Ecco, in queste righe c’è un condensato di ricordi e di emozioni che può provocare un viaggio in Tunisia, emozioni che non si possono vergare in un racconto, ma che si possono vivere in prima persona.

Vista sul Chott el Gharsa

 

Testo di Ciocio Cavallo

Foto di Danilo Bonardo e Arnaldo Tezzele

Viaggio organizzato da NWSE Inmotovunque per info: ciocio@nwse.eu whatsapp: +39 342 6314585

 

 

 

 

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