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Un padre e un figlio in viaggio negli USA – Seconda parte

Otto stati attraversati, 10.000 km percorsi, strade, monumenti e parchi. Un padre e un figlio alla scoperta degli USA in moto

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È il 4 luglio, l’Independence Day, di gente in strada poca, tutti festeggiano, e allora tengo alta la media anche se poi la pioggia ci costringe a rallentare, fa freddo, ma nonostante ciò arriviamo a Rapid City, siamo in South Dakota, è la tappa più lunga del viaggio, 457 miglia, ne abbiamo macinata di strada, abbiamo attraversato tre stati, Colorado, Wyoming e South Dakota siamo nella BLACK HILLS, nome dato per la colorazione di un tipologia di pino che rende scuro il paesaggio. Triboliamo per trovare un motel ad un prezzo ragionevole, poi un bagno in piscina in una serata di fuochi d’artificio che non termina mai.

Ci muoviamo verso Rushmore Mount; il viale da cui ci si accede raccoglie le bandiere di tutti gli stati, sullo sfondo le facce di George Washington, Thomas Jefferson, Abraham Lincoln e Theodore Roosevelt, i presidenti che hanno dato svolte significative, scolpiti su una parete di granito della Black Hills, alti 18 metri, impegnarono per 14 anni una miriade di persone; ma a qualche chilometro di distanza c’è un altro monumento che può sminuire il Rushmore, il Crazy Horse dedicato a Cavallo Pazzo il leggendario capo Sioux, che quando sarà terminato sarà il monumento più grande del mondo con i suoi 172 mt.

Rushmore Mount


Gli altri due giorni li passiamo a visitare il Custer Park dove mandrie di bisonti sono l’attrattiva preferita: abituati alla presenza dell’uomo si fanno avvicinare e fotografare come star di Hollywood. Poi tra le caverne di queste montagne che serbano segreti come fossero magie, ti imbatti in tunnel dove l’aria soffia violentemente, 200 km di tunnel sottoterra. Scendiamo a sud a Hot Spring dove c’è un museo dedicato ai Mammut; Giulio non sta nella pelle, tante sono le cose in così pochi giorni. A sera è cotto come un pomodoro al sole, e sprofonda nel letto.

Custer Park bufalo

All’indomani mi presento alla concessionaria di KTM di Rapid City, per sostituire il pneumatico posteriore ordinato due giorni prima. Finiti i lavori si riparte, destinazione Sturgis, località dove ai primi di agosto si svolge il leggendario raduno che tra motociclisti, curiosi e gente del posto conta 500000 presenze. Non possiamo non visitare il museo che è come San Pietro per i cristiani, moto che hanno fatto la storia del motociclismo made in USA e non solo, ce ne sono di inglesi e anche una Guzzi Eldorado che in Italia era il California.

Puntiamo verso Deadwood, un pezzo di storia del west, città che segnò nell’era della corsa all’oro una meta prediletta per i disperati in cerca di fortuna, ma anche per banditi e personaggi di indiscussa fame di balordi, tipoWild Bill Hickok, giocatore di poker senza scrupoli, che morì fulminato da una pallottola mentre aveva in mano una coppia di assi e di otto, scena che viene riproposta ogni ora nel saloon 10, lo stesso di allora con personaggi in abito d’epoca. A Hickok è legata la storia di Calamity Jane, la prima donna pistolero del Far West; ad avvalorare la loro storia sentimentale è la fossa comune dove furono seppelliti che è qui a Deadwood, cittadina che vive oggi di gioco d’azzardo controllato, una piccola Las Vegas ma con i connotati del West che fu. Ogni pomeriggio nella Market Street sparatorie Old Style West vanno in scena con personaggi in classico stile d’epoca.

Deadwood


La giornata si presenta assolata, lasciamo il South Dakota per il Wyoming. Mi rendo conto di essere al limite con il carburante. Fermo sul ciglio della strada a fare due conti, vengo affiancato da Tom e compagna su Herley, ognuno con la sua moto e naturalmente senza casco, è uno di quegli stati dove non è obbligatorio. Benché sappia che arriverò al prossimo distributore, mi accompagnano con reverenza.

È sera quando giungiamo a Cody, città che ha dato i natali a Buffalo Bill, altro leggendario personaggio dell’epopea dei Cow Boy, tutto ruota intorno alla leggenda di quest’uomo: rodei che ogni sera vanno in onda in uno stadio apposito, persone con tanto di cappello e pantaloni negli stivali accessoriati da speroni, insomma se non fosse che fuori ai locali al posto dei cavalli sono parcheggiati veicoli, sembrerebbe di essere nel lontano e mitico West.

Piazziamo la tenda qui, il parco di Yellowstone dista circa 50 miglia, ma i campeggi sono tutti full.

Yellowstone ghaiser old Faithful

20$ il biglietto d’ingresso ma lo spettacolo è garantito: bisonti a passeggio senza problemi, il lago e il magma che bolle sprigionando il cattivo odore di zolfo, tutto il parco ha origine vulcaniche e non si direbbe, vista l’altitudine e le montagne in lontananza innevate.

La strada è bloccata, la curiosità ci assale, svicoliamo all’italiana per parcheggiare, e vediamo lui, il mitico Yogi! Finalmente riesco ad associare alla fantasia dei cartoni animati di quando ero bambino la realtà; Giulio un altro po’e gli corre dietro per fotografarlo, togliergli la fotocamera è impresa ardua; pochi chilometri ancora, una coppia di cervi, insomma quello che volevamo vedere si è avverato ma c’è ancora un giorno dove le sorprese non mancheranno. Al mattino seguente, caricata la Kappona, rientriamo nel parco, il biglietto vale per 7 giorni, puntiamo verso l’Old Faithful il geyser più famoso ma anche quello più spettacolare, ad intervalli di un’ora e mezza sprigiona getti d’acqua che possono essere alti anche 60mt, l’attesa è letale, una truppa di persone è schierata per l’evento sotto un sole accecante, una coppia di americanoni mi siede vicino, lui mi conferma che alle 14.28 inizierà lo spettacolo, Giulio controlla attento l’orologio, passano due minuti, poi tre, ma nulla, e proprio quando penso che il vicino l’abbia sparata grossa, inizia ad uscire acqua dal cratere del geyser, getti che salgono in alto avvolti dal vapore, la gente applaude, noi ce la ridiamo.

A sera dormiamo a Jackson, tra le montagne del parco. Lasciamo Jackson con un sole che nulla ha a che vedere con il giorno precedente quando pioveva. Ci lasciamo alle spalle montagne e pianure, entriamo in Idhao, poi di nuovo in Wyoming, praterie immense dove solo il pascolo e l’attività mineraria sono fonti di lavoro. Fa caldo quando raggiungiamo Salt Lake City, non si direbbe visto che ha ospitato anche le olimpiadi invernali, ma sono paragoni che non hanno riscontro con la nostra realtà.


La lunga distesa di sale ci accompagna per chilometri, poi il segnale non lascia dubbi: Bonneville Speedway, la distesa di sale dove sono stati stabiliti i record mondiali di velocità con strani veicoli che possono essere paragonati a razzi con le ruote.

Ci tuffiamo in questo mare bianco di sale, Giulio mi esorta a dare gas, raggiungo le 85 miglia poi rallento e scendiamo, per lui è una novità e sono tante le domande e le curiosità.

Mi guardo intorno, è vero, questi salar sono tutti uguali a qualsiasi latitudine ma questo è speciale, un attimo di brividi quando penso a Burt Munro, un neo zelandese la cui vita è una dedizione alla sana follia di una passione iniziate ai primi del secolo scorso. Questo personaggio bizzarro acquista la sua terza moto nel 1920, ha 21 anni, è una Indian bicilindrica di 600cc. Burt la modificherà per anni, fino a portarla a 950cc, dopo essere sbarcato negli USA per coronare il sogno di stabilire un record sul questo lago, siamo nel 1962. Finalmente nel 1967, alla tenera età di 68 anni, con il contributo di molti ammiratori stabilirà il record per una moto bicilindrica con cilindrata inferiore a 1000, record che ancora resiste . L’impresa di Burt Munro è raccontata nel film “Indian – La grande sfida” con Anthony Hopkins, c’è un sito che racconta questa affascinante storia di altri tempi http://www.fedrotriple.it/burt_munro_indian.html., che consiglio a tutti, naturalmente insieme al film.

Con alle spalle la pista puntiamo verso Reno, la capitale del Nevada. All’hotel dove dormiamo il piano terra è un Casinò, slot machines che lavorano 18 ore su 24, alla reception ci consegnano una brochure dove vengono elencati una serie di servizi, che in pratica ti fanno vivere in albergo e giocare, non è il nostro caso, domani ci aspetta il Pacifico.

Superiamo Sacramento, poi in lontananza il Golden Gate, come non metterci le ruote, è l’unico pedaggio che paghiamo in questi 25 giorni di moto, 6$ ma l’emozione è tanta, certamente il colore arancione, unito alle Kappone che abbiamo sotto, ne esalta l’attraversamento.

Superato San Francisco, dormiamo a Santa Cruz, dove la statale 1 arriva fino a Los Angeles. Puntualmente all’indomani la percorriamo, una strada che a tratti si inerpica sul crostone della montagna dando vita a spettacolari panorami. A sera tiriamo le somme di questo viaggio, Giulio riesce a focalizzare a tratti l’esperienza vissuta, naturalmente è stata speciale anche per me e così lesti e con un po’ di rammarico riconsegniamo l’ADV, nostra compagna di questa avventura targata USA. I due giorni che restano li spendiamo con l’amico di scuola Giulio, che non finisce di stupirci, infatti al nostro incontro si presenta con una FIAT 500 degli anni 70 con tanto di targa con scritto FOLIGNO-CA dove CA sta per California, una legame di affetto verso la città dove ha trascorso la gioventù.

Giulio con la 500 di Giulio l’amico di Scuola

È l’alba quando l’aereo decolla, dall’oblò il Golden Gate sembra in miniatura, Giulio mi guarda, gli brillano gli occhi, goodbye US.

 

I NUMERI DEL VIAGGIO ” USA IN MOTO ” E LE CONSIDERAZIONI

8 states attraversati, circa 10000 km percorsi, della Kappona mi hanno stupito i consumi, di sicuro il fatto dei limiti migliora la resa, sempre intorno ai 18 km con un litro, stracarichi e in due in moto.

Del prezzo della benzina e del fatto che la rete viaria siano al top e non si paghi il pedaggio ne ho parlato, ma quello a cui tengo di più sono le mie impressioni su questo paese, dopo molti anni dall’ultima volta.

Ogni paese ha le sue contraddizioni e non esiste il sistema perfetto, ma se si deve parlare di regole applicate e rispettate e senso di civiltà credo che dobbiamo imparare qualcosa, o quanto meno se abbiamo deciso di importare o prendere ad esempio questo modello dovremmo in qualche modo imparare che le regole valgono per tutti. Il massimo l’ho avuto per esempio quando mi sono trovato di fronte ad un banco di ortaggi fuori da una casa, questi si potevano acquistare lasciando l’importo in un salvadanaio che poteva essere visionato da tutti, naturalmente non c’era presenza del proprietario. Per non parlare del rispetto della fila in qualsiasi luogo, come quello per la sporcizia che non può essere abbandonata per strada, dove oltre alle multe salate (in California 1000$ ma in Nevada 2000$) non lascia scampo per nessuno che sia anche il presidente degli USA come mi è stato confermato più volte.

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