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Da Troyes a Vercelli seguendo Matthew Paris (le vie Francigene)

Seguendo Matthew Paris – monaco inglese – si percorrerà un tracciato diverso da quello di Sigerico, che ci porterà comunque a Vercelli

Da Troyes – seguendo Matthew Paris – la strada si dirige a sud, percorrendo l’ampia e dolce vallata creata dalla Senna. Il fiume ogni tanto, nelle sue pigre giravolte, si avvicina, lasciandosi intuire per gli alberi che ne seguono il percorso. Resta sempre vivo e presente nella toponomastica dei paesi che si attraversano, che quasi sempre terminano con “sur Seine”.

Chambery Place Stleger

Seguendo Matthew Paris senza fretta

Questa tappa si può modulare a piacere, c’è solo Beaune da vedere, così è possibile perdersi un po’, oppure riposarsi. Ad esempio, a Chatillon si può fare una passeggiata piacevole, la cittadina, molto fotogenica, fu a lungo abitata dai duchi di Borgogna, e si presenta ricca di storia.

Oggi la strada è lunga quasi 200 chilometri, movimentata e piacevole, Beaune non richiede molto tempo, quindi ci si può godere una tappa più rilassante. Occhio a non fermarvi a Beaume; un paesino minuscolo attraversato dalla D16. È solo una lettera diversa, ma fa molta differenza!

Beaune

Beaune è la capitale dei vini della Borgogna, una tradizione vitivinicola che affonda le sue origini nell’antichità. La sua attrazione principale è l’hotel de Dieu. Per chi viaggia sulle strade dei pellegrini questo ospitale riveste grande interesse, si tratta di una costruzione del XV secolo, quindi successiva ai secoli di cui ci interessiamo, ma resta sempre un’opera di ospitalità molto istruttiva. È consigliata la visita per due motivi; il primo è estetico, per vedere la parte più bella bisogna essere nel cortile interno; il secondo è didattico, la visita consente di vedere ambienti ricostruiti dell’ospedale. Anche un giro per il centro è indubbiamente meritevole; dopo si pernotta qui o si va direttamente a Lione, per potervi dedicare più tempo l’indomani.

Beaune

Un luogo mitico per gli appassionati di fotografia

Riguardo il percorso, per me che sono appassionato di fotografia, a Chalon sur Saone è nato Nicéphore Niépce, l’inventore della fotografia. La sua prima foto è stata fatta qui, nel 1826, dalla finestra del suo studio: per l’esposizione ci sono volute 8 ore!

Con una piccola deviazione si può andare a vedere ciò che resta dell’abbazia di Cluny, forse la più potente del medioevo.

La strada continua senza particolari emozioni fino a Lione. Grande città, con il centro storico preso tra i grandi fiumi Rodano e la Saone con innumerevoli cose da vedere: Notre Dame sulla collina di Fourviere, la cattedrale, place des Terreaux e il modernissimo quartiere de La Confluence. Questi sono solo alcuni punti di interesse, munitevi di una guida (oppure la mia!), e girate.

La cattedrale di Lione

Ci vuole un po’ di attenzione per trovare la D318, il primo pezzo di strada che ci porta verso Chambery. Una volta imboccata siamo in un vialone dritto, che attraversa le solite periferie poco scenografiche prima di tornare alla campagna. Poi il viaggio si fa interessante. La strada si insinua in una stretta gola e quando se ne esce il paesaggio è cambiato, le montagne sono più vicine e passate un paio di vallate si arriva a Chambery.

È una località storicamente importante. Già in epoca romana faceva parte della via delle Gallie, ma qui inizia la storia della casata dei Savoia già dal X secolo. Allora, la disgregazione del regno di Borgogna favorì autonomie locali. Il capostipite fu Umberto I Biancamano. Gli interessi della famiglia, nati in Francia, si spostarono progressivamente verso l’Italia, avendone capeggiato le spinte per l’unità della nazione. Tornando alla cittadina, oltre alla solita passeggiata, il castello dei Savoia è molto grande, articolato negli stili e nella composizione. Da segnalare la cappella del castello, dove è stata a lungo custodita la Sacra Sindone.

Molte cose interessanti degne di una sosta

Si risale volentieri in moto, da qui le strade sono tutte per lei. Si percorre prima la valle dell’Isère e poi quella stretta del fiume Arc. Attraversando Modane, in una strada che sale sul lato destro c’è la casa storta di Modane. Una casetta in cemento armato, posata su un terreno che ha ceduto, quindi è tutta storta. Si può entrare, cercare di camminare sul pavimento inclinato, affacciarsi alla finestra obliqua e varie altre. Insomma, una buona occasione per fare foto divertenti. Poca strada e si vede la fortezza di Esseillon. Una serie di forti, situati in posizione strategica a sorvegliare la valle. Quattro di essi sono posti sulla riva destra dell’Arc e si proteggevano tra loro con il tiro incrociato delle artiglierie; sulla riva sinistra un forte più piccolo teneva sotto tiro la strada che porta al colle del Moncenisio.

Esseillon Fortress

Una salita strepitosa

La salita è fantastica, il nastro d’asfalto serpeggia in mezzo a un bosco di conifere, pulita, divertente, senza buche. Quando gli alberi, a causa dell’altezza, spariscono, si sale tra i prati e si inizia a vedere il lago. Il colle (2083 metri) deve il suo nome alla cenere, in quanto si narra che, a seguito di un grande incendio, qui si raccolsero i resti inceneriti dei boschi circostanti. Da qui sono passati nei secoli pellegrini, commercianti, comandanti di eserciti. Nel IX secolo, l’imperatore Ludovico il Pio vi fece costruire un ospizio per i viaggiatori. Napoleone lo fece ricostruire perché era oramai in rovina all’epoca del suo passaggio. Non rimane nulla né dell’uno, né dell’altro; a seguito della costruzione della diga scomparvero sotto le acque del lago. La strada lo costeggia da un lato e viene voglia di fotografare il panorama da ogni piazzola che si presenta sulla destra.

Il Moncenisio

La discesa – siamo entrati in Italia – è bella come la salita, ma occhio vigile perché è una delle strade preferite dai motociclisti con tanti cavalli e l’acceleratore facile. Tra il colle e Susa, giù in valle bisogna trovare da dormire, ma si riparte comunque da Novalesa, tappa importante.

Seguendo Matthew Paris sul vecchio tracciato della via Francigena

La deviazione che dalla strada per il fondovalle porta a Novalesa è uno stretto tornante in discesa, facile non vederlo. È importante innanzitutto perché si tratta del vecchio tracciato della via francigena, prima che Napoleone facesse costruire la strada attuale. Poi a Novalesa, paesino molto grazioso, si trova una delle poche locande (quindi non legata al mondo religioso) che ospitavano i pellegrini. Ora centro espositivo, conserva dipinti, all’esterno gli stemmi dei nobili che vi soggiornavano. Fuori dal paese troviamo l’abbazia di Novalesa; antichissima, l’atto di fondazione è dell’anno 726, voluta dal governatore franco della zona e prese la regola di S. Colombano (come tutte le abbazie europee dell’epoca). La sua storia è avvincente e tribolata, la visita rinfrancante per gli occhi e lo spirito. Chissà se vi era competizione tra l’ospitale dell’abbazia e la locanda degli stemmi in paese!

Novalesa

Continuando su questa, che come ho detto, era la via francigena, si scende a Susa, attraversando prima Venaus, altra piccola perla. Susa è una cittadina ai piedi delle montagne e dà il nome alla valle omonima. Ci vuole un po’ di tempo per la visita, non per le dimensioni dell’abitato, ma perché conserva (come Aosta) vestigia di diverse epoche, compresa quella romana. Importante il castello della contessa Adelaide. Personaggio molto importante, vissuta attorno all’anno 1000. Rimasta vedova più volte, sposò infine un Savoia avendone diversi eredi. Negli anni in cui il nostro Matthew Paris era ancora adolescente, circa il 1212, passò e soggiornò nel castello S. Francesco d’Assisi, durante un suo viaggio verso la Francia.

Verso il monumento più famoso della val di Susa

Si riparte ma dopo meno di 10 chilometri è necessario fare una sosta a Bussoleno. Questo piccolo centro aveva la sua importanza perché vi era un ponte che attraversava la Dora Riparia. Giunti nel centro storico è importante vedere, sulla strada principale, due costruzioni risalenti al medioevo: la prima, casa Aschieris, con il suo porticato sorretto da grosse colonne; la seconda è la famosa locanda della Croce Bianca. Chiamata altresì casa Amprimo, è un esempio, come la locanda degli Stemmi a Novalesa, di accoglienza non religiosa dei pellegrini.

La sosta è breve, necessariamente, e la prossima tappa è la Sacra di S. Michele. È il monumento più famoso della valle di Susa ed uno dei più famosi della regione Piemonte. È posizionata su una rupe che domina la valle e la si vede chiaramente anche da molto lontano. Ci aspetta una divertente salita di 16 chilometri. Per i pellegrini non era così semplice, dovevano imboccare una delle mulattiere che partiva dai paesi sottostanti.

Susa

Soggetto per molti scatti

La salita faticosa portava in premio un posto sicuro e ristoro per l’anima. Prendetevi il tempo per la visita guidata dell’interno: la scala dei morti, la porta dello zodiaco, la chiesa nuova con più di un secolo di rimaneggiamenti, le mura che si fondono con la roccia. Anche l’esterno, imponente e panoramico, richiede molte fotografie! Per ritornare giù a valle considerate che nei giorni festivi la strada dell’andata è senso unico a salire. Così per scendere bisogna passare dal colle Braida.

Sacra di San Michele

Le attrazioni della val Susa non sono finite, Un giro ad Avigliana e i suoi laghi e poi l’abbazia di S. Antonio di Ranverso. Si trova sulla strada per Torino, al fondo di un viale alberato sulla destra. È più corretto chiamarla precettoria, perché nacque proprio, nel XII secolo, allo scopo di accogliere pellegrini e malati. Voluta dai Savoia, che ne donarono i terreni agli antoniani, era anche specializzata nella cura del fuoco di S. Antonio, malattia che nel medioevo era poco conosciuta. Dell’ospitale rimane solo la facciata, nello stesso stile della chiesa.

L’abbazia di S. Antonio di Ranverso

Torino ci aspetta con tutta la sua importanza

Torino, dista ora circa 20 chilometri. Si può dormire in zona, restando nella tranquillità della campagna, oppure approfittare della grande disponibilità di alloggio che il capoluogo piemontese può offrire.

Non posso addentrarmi nella descrizione delle attrazioni di una città grande e bella come Torino. È un giudizio di parte perché Torino è la mia città. Sono nato e cresciuto sotto la sua ombra. Una città industriale, sonnolenta e grigia, si è trasformata in una delle principali attrazioni turistiche d’Europa. Se sei del posto conosci anche con precisione quale è stato l’inizio del cambiamento: 2006. Anno in cui Torino ha ospitato le Olimpiadi invernali.

Le strade che ricalcano ancora l’accampamento romano, i viali alberati, i palazzi risorgimentali, i luoghi della magia nera e di quella bianca, la Sindone, l’archeologia industriale, il museo dell’automobile, i chilometri di portici, la Mole Antonelliana. E manca ancora sicuramente molto. Scegliete voi cosa fare e dedicategli il giusto tempo; io consiglio di partire da piazza Castello che è un po’ il cuore del centro storico, da qui si possono intraprendere tutta una serie di percorsi turistici.

 

Torino

Due strade per uscire da Torino

Per uscire da Torino, i pellegrini avevano almeno due di possibilità. Una prima direttiva conduceva verso sud, a Moncalieri, una città della cintura torinese; lì si poteva attraversare il Po e vi sono testimonianze sul passaggio dei commercianti e dei pellegrini. La strada più battuta conduceva più a nord, verso Chivasso, dove vi sono testimonianze di un guado molto utilizzato. La viabilità in uscita non è semplice, consiglio, anche per questioni paesaggistiche, di attraversare il Po ancora in città, utilizzando uno degli innumerevoli ponti. A questo punto siamo sulla sponda destra e ci troviamo sulla strada che corre tra il fiume e la collina. I paesi si diradano sempre di più, man mano che si prosegue in direzione Vercelli.

testo e foto Dario De Vecchi

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Da Troyes a Vercelli seguendo Sigerico (la Via Francigena in moto)

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