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Nel Grand Tour delle Marche: natura, cultura e sapori

Grand Tour Marche - Gola della Rossa e di Frasassi

Settembre è il mese dei buoni propositi. Del “si ricomincia”! Se non avete ancora le idee chiare un consiglio: regalatevi un long weekend nell’entroterra delle Marche. Una meta dove passato e futuro si intrecciano in un’esperienza unica.

Verdicchio Matelica a Cerreto d’Esi

Fabriano, la capitale mondiale della carta

Città creativa Unesco per artigianato ed arti popolari dal 2013, Fabriano è situata in una vallata attraversata dal torrente Giano. Graziosa cittadina da girare a piedi apprezzandone i caratteristici luoghi d’interesse del centro storico. Il Palazzo del Podestà, il teatro Gentile da Fabriano, il bellissimo loggiato di San Francesco con il suo gioco prospettico. La fontana che domina la piazza. Simbolo della città di Fabriano, venne costruita nel 1285 su progetto di Jacopo di Grondolo che per realizzarla prese spunto dalla Fontana Maggiore di Perugia.. ed ancora viuzze acciottolate e le bellissime chiese affrescate. Ma non si può parlare di Fabriano senza collegarla immediatamente alla carta. Di conseguenza, andare in cerca delle sue origini partendo proprio dal Museo della Carta e della filigrana.

Il nostro viaggio affonda le radici ai tempi in cui i maestri cartai realizzavano la carta in maniera del tutto manuale. I procedimenti via via andarono evolvendosi, con l’impiego della pila idraulica a magli multipli per la raffinazione dell’impasto e con l’uso della gelatina animale per garantirne una migliore impermeabilizzazione all’inchiostro. Questi artigiani resero la carta di Fabriano unica e da questo la necessità  di volerla identificare dalle altre produzioni. Nacque così la filigrana.

Proseguiamo il nostro percorso spostandoci nella sede della Fondazione Fedrigoni Fabriano, nata nel 2011 con lo scopo di conservare, valorizzare e diffondere la storia della carta.

Un patrimonio ereditato dalle Cartiere Milani Fabriano di oltre 500 metri lineari di archivi, una ricca collezione di filigrane, una fototeca a testimonianza del patrimonio archeologico industriale, architettonico e paesaggistico della società e della cultura cartaria.

E’ del 2016 l’importante acquisizione della collezione delle 2213 “Carte Fabrianesi” datate dal 1267 al 1792, raccolte dal filigranologo Augusto Zonghi. Tanto ambita dagli studiosi della carta di tutto il mondo. Ad arricchire questo patrimonio oltre 1000 strumenti per la fabbricazione della carta a mano e a macchina, recentemente catalogati e conservati nel Deposito dei beni storici cartari delle Cartiere Milani Fabriano.

Dal passato al futuro, lasciamo questa incredibile struttura dall’inestimsabile valore archeologico-industriale e seguiamo il torrente Giano  verso la fondazione Carifac’ Arte, dove le tradizioni del passato incontrano il mercato del futuro della carta.

La fondazione ha infatti l’obiettivo di riportare alla luce i mestieri delle “botteghe dei mastri cartai”. Recuperare gli antichi procedimenti della produzione manuale della carta attraverso quelle figure come il falegname, l’incisore, le cucitrici, il tecnico filigranista ed il mastro cartaio. Per riprodurre quel prodotto unico nel mondo che ha reso Fabriano capitale mondiale della carta. Attualizzandolo mediante l’utilizzo di materiali e tecniche sperimentali e adattandolo per affrontare le esigenze dei mercati odierni.

E’ in questo contesto che si inserisce Remake, il Festival fabrianese dedicato alle attività artigiane ed artistiche da “rilanciare” nel nuovo millennio. Un momento per parlare di impresa e promozione, di start up ed innovazione nel mondo dell’artigianato. Un evento arrivato con successo e partecipazione alla sua 2° edizione con un programma ancora più ricco di eventi . Esposizioni, concerti, attività sportive, street art e laboratori per grandi e più piccoli.

Il Parco naturale della Gola della Rossa e di Frasassi

Settembre è un mese in cui ci lasciamo volentieri sedurre dalla natura. La temperatura ancora mite è un invito ad organizzare escursioni. La Gola della Rossa e di Frasassi rappresenta uno dei parchi regionali delle Marche dall’eccezionale valore naturalistico dove il panorama è il grande protagonista.

Oltre alla possibilità di fare rafting nelle acque dei fiumi Esino e Sentino, per gli amanti del trekking e delle mountain bike c’è la possibilità di avventurarsi in sentieri e mulattiere. E perché no, passare una notte tra gli alberi guardando le stelle o aspettando l’alba.

Tra le altissime pareti di roccia il tempo sembra arrestarsi di colpo, è qui che si apre l’accesso ad un mondo sotterraneo, un labirinto di cristallo scolpito dalla natura che si perde nelle viscere della terra.

Arriviamo alla suggestiva Grotta del Vento o di Frasassi, nel territorio del comune di Genga. Il più grande complesso d’Europa tra quelli individuati attualmente. In questo mondo avvolto dal silenzio si erge un tempio della natura.

Un luogo di fascino e mistero senza eguali, fatto di laghetti cristallini, stalattiti cesellate, profondissimi pozzi, brillanti stalagmiti di centinaia di anni. A testimonianza dei primi viaggi speleologici del 1971, sculture di calcare dai nomi bizzarri, usati come punto di riferimento durante le esplorazioni.

Per avvicinarsi a questa esperienza è stato inserito per i più coraggiosi un percorso speleologico di diverso grado di difficoltà da abbinare a quello classico.

Un appuntamento molto atteso, che si conferma ormai da 5 anni un evento catalizzatore per appassionati di varia provenienza, è il Frasassi Climbing Festival. Una 3 giorni di sport outdoor in uno dei contesti italiani più suggestivi.  Un mix di divertimento, avventura, competizione e condivisione, nel cuore dell’appennino marchigiano.

E’ possibile abbinare alla visita del parco una sosta a Serra San Quirico. Un borgo medievale arroccato sulle pendici del Monte Murano. La sua struttura fortificata è resa celebre dalla possibilità di avventurarsi ancora oggi nelle “Copertelle”, passaggi coperti di origine longobarda. L’occasione è buona anche per concedersi uno spuntino ed assaporare la cucina locale. Vi consiglio di provare i “calcioni” un dolce di formaggio, zucchero, uova e pecorino marchigiano, accompagnato da un bicchiere di Verdicchio.

In alternativa situata nella valle del fiume Misa, vi aspetta “la perla dei monti”, Arcevia.  Chiamata così per la bellezza dei suoi monumenti ed il panorama eccezionale. Il giro si arricchisce, se avete tempo a disposizione, con la visita dei 9 castelli. 9 piccoli borghi che conservano ancora le vecchie mura che celano tesori e offrono scorci suggestivi. Anche qui potete sostare per una merenda a base di “crescia” di polenta , la rivale marchigiana della piadina romagnola.  Cotta sulla griglia può essere poi farcita a piacere con salumi o con i “grugni” ossia la cicoria.

Il vasto territorio del Parco della Rossa e di Frasassi è sicuramente un luogo da vivere senza fretta, senza impegno e soprattutto senza guardare l’orologio.

Il Parco Archeo-minerario di zolfo delle Marche

Raggiungiamo Canterino nel tardo pomeriggio, l’aria è tersa, limpida dopo la pioggia della mattina. Inizia da qui la nostra avventura alla ricerca dell’oro giallo. Da questo villaggio senza un centro storico. Diverso da quei borghi medievali che siamo abituati ad incontrare. Viali dritti, scanditi dalle piccole unità abitative dove alloggiavano i minatori di quello che è stato il più grande bacino di estrazione di zolfo dell’Europa del ‘900.

Realizzato nel 1919, dalla stessa Montecatini, concessionaria della miniera di Cabernadi, per garantire soluzioni abitative ai lavoratori e alle loro famiglie che provenivano da lontano ed andavano ad ingrossare le file della crescente richiesta di manodopera.

Il silenzio è irreale! Non ci sono i panni stesi, il chiasso dei bambini che riempiono i viali, non c’è la polvere che ricopre i tetti delle case rendendo l’aria irrespirabile. Oggi ci sono solo 8 abitanti a cui  è affidato il ricordo di un pezzo di storia di queste terre che rischia di sparire.

Ci accoglie Patrizia Greci, presidente dell’associazione culturale La Miniera Onlus ed erede diretta di questa memoria storica. E’ attraverso le sue parole che rivive la quotidianità di questo villaggio dormitorio e del duro lavoro in miniera.

Ecco che l’aria diventa subito pesante, sentiamo il vociare proveniente dal Palazzone alle nostre spalle, l’acqua che scorre della fontana della Piazza Mezzena, i miasmi che provengono dalle latrine comuni. Qui la vita è scandita dagli orari dei turni nella miniera, un racconto visivo che prevale tra le mura di quella che un tempo fu la casa di Giuseppe Cicetti. Conosciamo così l’intimità di queste persone che condividevano i pochi spazi a disposizione, 2 al massimo 3 stanze a seconda del numero dei figli. Prendiamo anche noi la nostra “goluppa” per la cena. Il profumo della frittata appena cotta incastrata nel pane, accompagnata da un frutto e dall’acetello per dissetarsi quanto per disintossicarsi, tutto avvolto in un fazzolettone quadrettato.

Il nostro percorso prosegue verso il Parco Archeo-Minerario, ci fermiamo solo un attimo nella Chiesetta del Minatore, per rivolgere anche noi una preghiera alla Statua di Santa Barbara, un tempo conservata al 13° livello della miniera di zolfo. Immaginiamo i canti lungo la strada che porta al lavoro, giù, fino nelle viscere della terra.

Ci lasciamo accompagnare idealmente dai tanti lavoratori verso gli impianti, che grazie a recenti lavori di restauro, sono per una buona parte visitabili. Ad accoglierci alla “porta dell’inferno” c’è l’ingegneristico pozzo Donegani, un mostro di cemento che consentiva ai minatori di raggiungere la pancia della terra attraverso montacarichi/ascensori. Era un lavoro lento e pericoloso, ogni tratto faticosamente strappato alla montagna andava ingabbiato e fortificato da impalcature in legno che oltre a sorreggere la galleria allertavano i minatori ad ogni scricchiolio. Spesso però le insidie potevano essere invisibili, come il temibile “grisù”, un gas inodore e incolore che diventava un esplosivo di notevole potenza. Furono circa 130 i minatori che persero la vita.

Il rumore nelle nostre teste è assordante, l’aria rarefatta brucia i polmoni. Ci avviciniamo ai “calcheroni”, grosse forme circolari scavate nel terreno dove veniva accatastato e bruciato lo zolfo, lasciato poi colare ed incanalato negli stampi per formare i “pani” dal peso di 50kg ognuno. Il paesaggio era lunare, arido, senza vegetazione. Possiamo vedere i forni Gill, alternativa ai calcheroni, utilizzati per la combustione dello zolfo estratto e murato, garantendo di sfruttare al massimo il calore.

Tra il 1886 ed il 1959 Cabernadi visse un’epoca straordinaria. La Società Montecatini ampliò e potenziò gli impianti raggiungendo l’estensione di 1000 ettari e la profondità di 870 metri. Richiamò manodopera da tutto il territorio, eccellenze tecnico-scientifiche. Fino al 1952 quando arrivò la decisione di ridurre il personale e con essa lo sciopero dei “sepolti vivi”. La decisione di chiudere definitivamente la miniera arrivò nel 1959. Le cause sono da ricercare tra l’esaurimento delle risorse e forse per scarsa concorrenzialità e per obsolescenza delle tecniche estrattive.

Cessata l’attività, la Società Montecatini ha smantellato ed interrato la quasi totalità del sito, che sta tornando alla luce grazie alla sinergia e l’impegno dell’Associazione La Miniera e l’Unione Montana Esino-Frasassi.

Un lavoro di recupero archeo-industriale che vuole essere un omaggio alle generazioni di minatori che qui vissero e contribuirono allo sviluppo di un comparto chimico-minerario che è divenuto il primo in Europa.

E’ sicuramente una visita forte, ed un’esperienza unica in uno scenario suggestivo, quanto evocativo di un passato lontano, in realtà relativamente vicino.

Hotel Ristorante Marchese del Grillo

Tradizione, natura, passione per il territorio. Questi gli ingredienti della Chef Serena D’Alesio che insieme al fratello Mario, ci accolgono da perfetti padroni di casa al Marchese del Grillo.

E’ una dimora storica incantevole quella che ci accoglie per la nostra ultima cena del Grand Tour delle Marche. La villa settecentesca venne fatta costruire proprio dal celebre Onofroio del Grillo come sua dimora di campagna. Lontana dai fasti della vita cittadina che si narra conducesse a Roma.

Non tutti sanno infatti che l’eccentrico Marchese, reso celebre dall’interpretazione di Alberto Sordi, nell’omonimo film, trova i suo natali proprio nelle Marche, nella città di Fabriano, dove rientrò in vecchiaia per passare gli ultimi anni della sua vita, ritirandosi nella suggestiva villa.

Direttore e raffinato sommelier, è Mario d’Alesio ad accoglierci al piano nobile del relais con un gustoso aperitivo con prodotti tipici locali. Salame di Fabriano, focacce con i grasselli, pizza di formaggio, pane e ciauscolo e chips. Tutto abbinato a un Verdicchio di Matelica spumantizzato con il metodo Scacchi.

Famoso medico di Fabriano, Francesco Scacchi nel 1622 fu il primo a descrivere come rendere un vino fermo frizzante. Ben 48 anni prima di Perignon, l’abate convenzionalmente considerato l’inventore del vino con le bollicine.

Lasciata la bellissima sala, dalla quale è possibile godere di un meraviglioso panorama sulla vallata, ci spostiamo per la cena nel Ristorante. L’ambiente ricavato dalle ex cantine della villa è caldo ed accogliente. La selezione di vini della cantina Gatti di Cerreto d’Esi, scelta per noi, accompagna perfettamente il nostro menù.

Una delicatissima tartara di agnello, a seguire pincelle fabrianesi con funghi gallicci e tartufo, per secondo le tradizionali costolette d’agnello fritte e per finire un semifreddo al miele barricato di Fabriano.

Termina in questa location eccezionale il nostro itinerario nel cuore delle Marche. Immersi nel verde, sospesi tra storia e mito, accolti in un ambiente da sogno da due padroni di casa giovani e creativi.

Tutte le iniziative in programma e le informazioni sul territorio, possono essere consultate sul sito Tipicità Experience
Per le nostre attività ci siamo affidati ad AleSte Tour
Abbiamo dormito Hotel Le Muse
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