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I luoghi, gli amici e le moto di Andrea Pazienza, lungo le strade del suo Gargano (parte 3)

Andrea Pazienza, da trent’anni un vuoto incolmabile lasciato da un grande artista. Pittore, poeta, scrittore, autore di fumetti e anche motociclista. Si conclude il nostro tour da nord a sud dell’Italia alla ricerca dei luoghi che lui amava. Terza e ultima parte: il Gargano e le moto di Andrea Pazienza.

La moto di Andrea Pazienza ai tempi di Calenella era una Kawasaki LTD 440, una specie di custom con la sella a due piani che l’amico “Pucci” definiva chopper, e che pur non passando alla storia ebbe il suo periodo di notorietà quando Mickey Rourke la guidò in “Rusty il Selvaggio”.

Le moto di Andrea Pazienza: sul lungomare di San Menaio con la Kawasaki LTD 440 (grazie a Luigi, Michele e Mariella)

 

Andrea raccontava che a Bali, in viaggio di nozze, ne acquistò vari pezzi di ricambio per cifre bassissime. E sempre a Bali noleggiò una Binter 200, che altro non era che la Kawasaki KZ 250 con cilindrata ridotta per il mercato indonesiano.

Prima della LTD, adolescente, aveva avuto il mitico Guzzi Dingo Cross 50 giallo, del quale molti a San Menaio mantengono memoria. Bellissime le foto scattate da Vanni Natola di quel periodo spensierato, che lo ritraggono a scorrazzare sulla battigia in compagnia di altri scapestrati (chissà gli effetti della salsedine, l’attenzione alla manutenzione non era il suo forte), o in pose plastiche in abbigliamento non esattamente tecnico con tanto di improbabile casco dotato di visiera a bolla che oggi è tornata pure di moda.
Infine, durante il suo periodo a Montepulciano, arrivò la Yamaha SRX600, “acquistata su catalogo senza nemmeno averla vista prima”, un agile monocilindrico che all’epoca non ebbe grande successo commerciale, e di cui anche lui era entusiasta a metà per via dei continui problemi tecnici. “Questa è la moto di Pazienza” dicevano gli amici accompagnandolo in officina. “E ce ne vuole tanta!” rispondeva il meccanico.
Raccontano anche che sulla moto ci portava spesso il suo cane, un cocker che tutti chiamavano, indovinate un po’,  Joe.
Le moto di Andrea Pazienza: Yamaha SRX 600

 

La nostra moto: Honda Africa Twin Adventure Sports DCT

Per il nostro tour abbiamo usato uno dei cavalli di battaglia in casa Honda, completo di valigie laterali e soprattutto equipaggiato col cambio DCT a doppia frizione. Diciamolo subito: quel cambio è una figata!
Il motociclista medio, si sa, è un tradizionalista, spesso restìo ad accettare innovazioni tecniche invasive. A prescindere dagli indubbi vantaggi in termini di sicurezza, qualcuno storceva il naso anche di fronte a ABS o al controllo di trazione, figuriamoci di fronte a un sistema automatico che elimina del tutto le leve di frizione e cambio, e che fa buona parte del lavoro al posto tuo. La “moto badante” l’avevamo definita anche noi. Poi si mette in moto, si innesta la prima (premendo un pulsante), e si dà gas. Stop.
Le marce salgono e scendono da sole senza nemmeno bisogno di chiudere l’acceleratore, con la cambiata che avviene a un diverso numero di giri a seconda della mappa inserita. Con quella più soft il motore passa dalla prima alla sesta in un amen sfruttando l’elasticità del bicilindrico, con quella più estrema ci si può divertire a tirare come su una sportiva godendo tra l’altro di un rombo di scarico degno di un sistema aftermarket.
Il cambio può anche essere gestito in modalità completamente manuale grazie a due grossi pulsanti al manubrio, bastano pochi km per prenderci la mano, anzi le dita, e ci si abitua subito. La cosa ganza è che se in modalità automatica vogliamo intervenire per scalare una marcia in più sotto un tornante possiamo farlo, come pure se in modalità manuale abbiamo fatto confusione col pollice e l’indice, il sistema interviene per riportare il tutto al regime corretto. Il più grande vantaggio di questo tipo di guida è che avendo la testa sgombra dall’incombenza di cercare costantemente la marcia giusta (per quanto ogni motociclista lo faccia in modo “naturale”) ci si può concentrare esclusivamente sul gusto di pennellare le curve o di ammirare il panorama in completa serenità. Per contro almeno a noi e almeno i primi giorni, succedeva che avendo in testa la “moto badante”, psicologicamente eravamo portati a demandare a lei anche altre funzioni, per esempio… frenare. Sul serio, spesso arrivavamo lunghi non tanto o non solo perché il peso dei bagagli unito all’altezza della moto e alla ruota da 21” fanno perdere un po’ di maneggevolezza, quanto perché ci “dimenticavamo” di frenare per tempo.
Per il resto, una moto che merita tutto il successo che sta avendo, versatile in grado di macinare chilometri come pure di affrontare uno sterrato per arrivare in spiagge nascoste, alta che guidando in piedi pareva di dominare la vallata, docile in città o “cattiva” al punto giusto sui passi grazie alle infinite possibilità di personalizzare le già numerose mappature disponibili, comoda per le chiappe e parca nei consumi, poco affaticante se non nelle manovre da fermo. Il prossimo passo sarà una centralina in grado di “imparare” lo stile di guida del pilota e di adeguarsi alle sue preferenze in ogni situazione. In Honda ci arriveranno presto.

Con la Honda Africa Twin a spasso sul Gargano

 

Gargano, Peschici, Vieste, Monte S. Angelo, Foresta Umbra

Attratti dalle sirene di quel mare che fu di Andrea, da cene a base di paposce (una via di mezzo tra pizza e calzone farcita con tutto ciò che di commestibile vi venga in mente), e dalla possibilità di allungare il soggiorno in una delle più belle zone d’Italia, decidiamo di concederci un paio di giorni all’insegna dell’esplorazione del territorio circostante, che altro poi non è se non lo scenario incantevole e autunnale del “Partigiano”, storia fantasticamente folle disegnata da Andrea Pazienza nel 1980. Da San Menaio percorriamo la litoranea verso est, il saliscendi è bene asfaltato e con la moto scarica dai bagagli ci si dondola che è un piacere, la mancanza del cambio ci permette di viaggiare in surplace. Peschici bianchissima si affaccia sul mare, Vieste ci si allunga che pare stiracchiarsi dopo un sonnellino, ogni tanto sabbiose calette seminascoste ci invitano languide. A Pugnochiuso pensavamo di trovare una specie di Stalingrado garganica e invece ci appare un resort tutto meno che proletario, proseguiamo veloci per la Baia delle Zagare e Mattinata.

Peschici

 

Da lì saliamo sul bellissimo toboga della SS89dirB fino a Monte Sant’Angelo e, superatolo, sulla SP52b addentrandoci nella Foresta Umbra, pane per le nostre gomme. Pochi chilometri e l’azzurro del mare pare un lontano ricordo, la strada si tuffa in mezzo a un bosco che odora di un bel verde scuro, Umbra sta per ombrosa naturalmente, ogni bivio merita una divagazione, e volendo c’è anche quello per San Giovanni Rotondo, i devoti prendano nota. Siamo immersi nel Parco Nazionale del Gargano ed è bellissimo. Chiudiamo l’anello rientrando verso Vico, un ultimo tuffo nella luce del tramonto.

 

Il regalo

Luigi Damiani ci fa un regalo: compone un numero di telefono, poi sale sulla sua Honda Transalp e ci fa strada verso un appuntamento di quelli da incorniciare. La signora Giuliana, mamma di Andrea, ci accoglie con un sorriso sereno, luminoso, avvolgente. Ci racconta, ci raccontiamo, la generosità, l’esuberanza, l’apprensione di ogni genitore quando il figlio esce in motorino. “Il Dingo lo acquistò con i primi soldi guadagnati grazie a un premio ottenuto per la pubblicazione di un tema di italiano” ci dice, a riprova che, aggiungiamo noi, prima o poi il Nobel per la letteratura sarebbe stato suo. Poi ci legge una lettera che lui le scrisse in un momento particolare della sua vita, quindi apre uno scrigno dei più intimi e ci mostra i quaderni di scuola originali di quando Andrea aveva 8/10 anni. Disegni dai dettagli incredibili e su soggetti impensabili per un bambino, e poesie dalla forza dirompente nelle quali già si intravedeva il genio. Uno sguardo lucido e profondo, quella visione nitida che non lo abbandonerà mai.

Con la signora Giuliana, mamma di Andrea, e Luigi Damiani

 

Carichi di emozioni ringraziamo e salutiamo la signora Giuliana, rimontiamo le borse sulla moto e ci congediamo anche da Luigi e il suo staff. Abbiamo ancora un luogo da visitare, lo abbiamo lasciato volutamente per ultimo anche se ci costringe a tornare sui nostri passi fino a San Severo.

“…voglio solo un po’ di terra a San Severo, e un albero sopra”

 

“Mio marito gli disse ‘Vieni con me Andrea, ho trovato un masso bellissimo, pare una scultura’.  Lui rispose ‘Sì ma non dirmi qual è, lo riconoscerò da solo’. E infatti avvicinandosi lo individuò subito, scese dalla macchina e corse ad abbracciarlo come avrebbe fatto con un vecchio amico”

Rimaniano un po’ lì, immersi in un silenzio che solo quei luoghi di pace hanno, ci mettiamo in tasca una piccola pigna caduta dal cipresso, poi ripartiamo, col cuore gonfio, per l’ultima tappa del nostro tour.

 

Il Museo del Fumetto a Cosenza

La Yamaha di Andrea

A Cosenza arriviamo dopo un lungo trasferimento verso sud, prima costeggiando lo Ionio, quindi divagando per le splendide strade del parco del Pollino alcune delle quali già percorse durante la Genova – Palermo della primavera scorsa, e infine reimmettendoci sulla E45. Il Museo del Fumetto è chiuso, ma grazie alla squisita disponibilità di Luca Scornaianchi e Laura Pepe abbiamo la possibilità di una breve visita.
La Yamaha SRX600, la sua, proprio quella di Andrea Pazienza.
Che volete che vi dica, chi scrive va in giro a fare il duro coi giubbotti di pelle e gli stivaloni neri, poi arriva lì davanti a quel  vecchio monocilindrico e… si scioglie.
Il contakm, la targa con la cornice del concessionario di allora, le ammaccature sul serbatoio e la leva della frizione piegata, i racconti dei suoi amici trovano conferma, è come se all’improvviso tutto si concretizzasse e diventasse materia pura, sono passati trent’anni. O forse no.

Emozione profonda accanto alla moto di Andrea Pazienza

 

Chine di Ferro

Usciamo, abbiamo altri chilometri da fare, ma il nostro tour da nord a sud in cerca dei luoghi cari a Paz si conclude lì. Abbiamo conosciuto persone bellissime, abbiamo attraversato un’Italia meravigliosa, abbiamo provato emozioni profonde.
La settimana seguente la nostra visita, il Museo di Cosenza ha ospitato il Festival del Fumetto, il cui premio era una realizzazione di “Chine di Ferro”, di Giulio Pellegrini. Ed è come se il cerchio si chiudesse.

 

Bologna

Abbiamo volutamente lasciato fuori Bologna, dove pure Andrea, studente al Dams, ha vissuto a lungo, e dove, a suo modo, ha deciso di diventare adulto. Troppo profondo e intenso da sviscerare, per noi, quel periodo. Tanto sappiamo che è li, e che le occasioni per tornarci a fare due chiacchiere sul Paz non mancheranno.

Un grandissimo grazie a Diego, Giulio, Gabriella, Mario, Tommaso, Lidia, Antonello, Luigi, la signora Giuliana, Pietro, Pucci, Michele, Mariella, Luca, Laura, la signora Cristina e a tutti i suoi amici per la cortesia e diponibilità, ma soprattutto per quel senso di ammirazione e protezione nei confronti di Andrea. E il fatto che molti ne parlino al presente la dice lunga.

Le foto di Vanni Natola sono state pubblicate su “Una Estate. Saint’Mnà, spiagge contigue e le altre bellezze del Gargano” (Fandango Libri, Roma, 2008), “Il giovane Pazienza” (StampAlternativa, 2001) di Enrico Fraccacreta, “Geografia della memoria” (BancApulia) di Fraccacreta, Trecca, Verrengia, “La femmina è meravigliosa” (Cairo Editore, 2018) di Tony di Corcia.

In copertina Cuori di Pace, di Amedeo Minghi, una delle tante copertine di dischi disegnate da Andrea.

Abbiamo soggiornato con grande soddisfazione presso la Libera Università di Alcatraz (in una stanza ricavata dentro una torre medievale!), e presso il camping Calenella.

Abbiamo mangiato con gusto ovunque, ma in particolare presso il ristorante La Stazione a due passi dal camping (qualsiasi porzione singola basta per quattro!)

Abbiamo visitato con enorme piacere l’Archivio Splash! di San Severo e il Museo del Fumetto a Cosenza.

Abbiamo viaggiato con una gran bella moto grazie a Honda Italia.

Ci siamo protetti da ogni tipo di intemperia con abbigliamento Hevik e casco Scorpion.

 

Postilla

Racconta la sorella Mariella in una recente intervista:  “La sera della sua morte Andrea passò da casa mia a Roma, dove studiavo. Era in moto e indossava una tuta da motociclista, ed era bellissimo. Tra le mani stringeva due biglietti per il concerto di Springsteen, ma io due giorni dopo avevo un esame e rifiutai”.
Chissà come sarebbe stata questa storia se mai lo avessi potuto incontrare sotto quel palco. (F.)

 

Qui la prima parte: da Montepulciano alla Libera Università di Alcatraz

Qui la seconda parte: dall’Umbria al Gargano

 

 

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