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Quando Moto e Musica si incontrano

Il connubio tra Moto e Musica (M maiuscole) è un classico che ha sempre evocato immagini e suscitato passioni. Ma quali sono le moto legate a una particolare canzone, o viceversa?

Moto e Musica da sempre vanno a braccetto, e non sto parlando solo dei tre diapason simbolo del più grande produttore di strumenti musicali, Yamaha, o della colonna sonora di Easy Rider, quella Born to be Wild immancabile apertura di qualsiasi concerto di qualsiasi rock band in un qualsiasi raduno. No, qui si tratta di abbinare un particolare modello a un particolare brano, oppure un genere musicale a una categoria di moto.

 

Scrambler = semplicità

Sere fa, girovagando su YouTube (sempre sia lodato) mi imbatto nella eterna Smoke on the Water, Deep Purple d’annata, la seconda canzone che qualsiasi principiante prova a fare appena imbracciata una chitarra (la prima è La Canzone del Sole). E’ il riff più iconico e inossidabile della storia del rock, a dimostrazione che la semplicità è un’arma vincente in qualsiasi campo: tre note, scarne, essenziali, senza tempo. E vibrano profonde. Come la Ducati Scrambler, o la Triumph Bonneville, o la Guzzi V7. Quelle dei primi anni ’70 per l’appunto, non le versioni attuali.

Poco tempo dopo però irruppero sul mercato i giapponesi con le loro rivoluzionarie quattro cilindri a quattro tempi. Impossibile dimenticare la Honda 750 Four e la Kawasaki Z1 900, imponenti, veloci, affidabili, ma soprattutto supersofisticate e superaccessoriate. E mi viene in mente il contemporaneo movimento del Progressive Rock, Genesis e Yes ovviamente, con le loro suite dilatate e piene di riferimenti classici, la tecnica sopraffina, la cura della scenografia. Se oggi hanno tanto successo sia le rivisitazioni di quei modelli che le cover band di quei gruppi, un motivo ci sarà.

Moto e Musica: Progressive Rock per le 4 cilindri giapponesi anni ’70

 

Moto e Musica: due tempi taglienti

Ma dal Sol Levante arrivarono anche delle spettacolari moto a due tempi, a due e tre cilindri, come la Suzuki Titan 500 e la GT 750 raffreddata ad acqua, o le mitiche Kawasaki Mach III. Velocissime, taglienti, dal sibilo inconfondibile, osavano spingersi laddove nessuno era mai arrivato, con sprezzo del pericolo insito nella loro stessa struttura telaistico-meccanica. Chiudo gli occhi, e parte Jimi Hendrix dal vivo al Miami pop festival del 1968: Foxy Lady.

 

 

 

Anni ’80, mettete sul piatto (o nel lettore cd) (ok ok, mp3) Making Movies dei Dire Straits. Il suono della Stratocaster di Mark Knopfer è inconfondibile, elaborato ma non distorto, dà sicurezza e vi porta lontano, ieri come oggi. Proprio come le sport tourer di quegli anni, Yamaha FZ750, Honda CBR 1000, o le prime Suzuki GSXR, che ci andavi in pista come a Capo Nord.

Moto e Musica: le sport tourer anni ’80, inconfondibili, pulite e veloci come le note dei Dire Straits

 

Chitarra sporca e basso vibrante come un mono

Se invece preferite una Telecaster in controfase e supportata da una base ritmica più sporca e contaminata dalla polvere del reggae, ecco i Police di Message in the Bottle, coi quali potete salire, anche in coppia, su una furba enduro monocilindrica, che sia una XT o una Teneré o una XL o una KLR, e potrete arrivare tranquillamente fino all’isola deserta metafora del testo, o più semplicemente gironzolare per bucolici sterrati di campagna.

 

 

 

Nulla a che vedere con le moderne supersportive di pochi anni fa, potentissime oltre la ragionevolezza, capaci di velocità irraggiungibili sulle strade comuni, puri esercizi di virtuosismo tecnologico, quasi indistinguibili le une dalle altre. Puro Power Metal insomma, batteria a doppia cassa, 120 di metronomo, chitarristi circensi, e cantanti che urlano quasi quanto certi scarichi.

Sarò campanilista, ma altra roba sono le italiane, soprattutto quelle rosse e con due cilindri. Fate partire la rullata di John Bonham e l’assolo di Jimmy Page dopo la sezione psichedelica di Whole Lotta Love: ditemi se non è l’entrata in coppia della Panigale 1299, con la ruota anteriore che si alza verso il cielo.

 

Veniamo ai giorni nostri, con le strade che pullulano di BMW GS, icona tedesca  che non può che essere l’Inno alla Gioia di Beethoven (che tutti conoscono ma del quale ben pochi capiscono l’essenza). E che dire di scooterini e scooteroni facili e comodi quanto si vuole ma capaci di emozionare quanto un James Blunt o un Ed Sheeran qualsiasi?

Vorrete mica mettere con quella “motocicletta 10 HP” di Battisti – Mogol che tutti quelli della mia generazione ancora dopo decenni si chiedono che modello fosse per avere così pochi cavalli eppure così tanta potenza evocativa.

E non si può che concludere tornando all’inizio di tutto, al cinquantino che tutti abbiamo avuto, il Ciao, il Garelli, il Malaguti, o perché no, il Betino tre marce, quello che ogni cambiata una sfollata: beh, erano la chitarra scordata che suonavamo all’aperto nelle sere d’estate cercando di far colpo sulla biondina che speravamo poi di riaccompagnare a casa, in due vicini vicini sulla sella monoposto. Ma questa è un’altra storia.

Moto e Musica: connubio perfetto
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