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Ma noi motociclisti ci stiamo estinguendo?

 

di Carlo Nannini (Kiddo)

Ma si, dai, alla fine è anche normale. Tutto finisce, le epoche cambiano, i gusti, le mode; è giusto che anche una cosa obiettivamente obsoleta, senza un gran senso pratico alla luce dei molteplici nuovi modi e mezzi per la mobilità personale come la motocicletta vada a scomparire, e con essa il motociclista, come figura retorica.

Non parlo di chi si ritrova a guidare occasionalmente una moto , o chi ne compra una dopo anni di scooterismo senza riuscire a comprendere minimamente la filosofia profonda che si nasconde dietro l’essere “motociclista”; che non sa cosa sia quel gesto di saluto che ti rivolge un altro centauro quando ti incontra, che non ha mai lontanamente apprezzato la meccanica, il suono, l’odore di una moto vera o il gesto atletico e la capacità fisica necessaria a cavalcarla.

Parlo di quell’ormai ristretto e sempre più raro esemplare di donna o uomo che fin dall’infanzia non ha quasi mai parlato di altro, che gli interessi davvero, che non avesse un motore, due ruote e le marce. Che quando incontra un suo simile magari fra mille sfottò stringe un legame immediato come se ci fosse cresciuto insieme. Che quando non va in moto ci pensa, che non aspetta altro momento se non quello in cui si legherà il casco e ne sentirà la voce.

Non mi dite che, guardandovi intorno ai raduni o nelle occasioni di ritrovo non vi è mai venuto in mente che stiamo invecchiando e non ci sono quelli che prenderanno il nostro posto. Un genere ormai incanutito per un passatempo costoso, proibitivo per le nuove generazioni che preferiscono i mondi virtuali dei videogiochi o quello molto più ecologico e con un prevedibile migliore futuro delle due ruote a pedali.

Le cause della prematura estinzione della specie e della mancanza delle nuove leve non sono però da attribuire solo ai videogiochi, ai quali va comunque il merito di essere senz’altro meno pericolosi e più a buon mercato (di mio figlio che non ha nessuna intenzione di diventare motociclista dico sempre “meglio se prende l’autobus, la moto non gliel’ha mica ordinata il dottore”) ma anche al fatto che le Case motociclistiche, nel tentativo di rendere la moto sempre più fruibile ad un maggior numero di persone, l’hanno fatta diventare una sorta di elettrodomestico “plug ‘n play”, sempre più immediate, sempre più facili e per le quali il necessario apprendistato sembra sempre più superfluo.

Una volta, per migliorare la guida, si andava con la moto da cross, magari dell’amico, nel campo dietro casa, oppure si apprendeva da un vecchio zio che non si doveva toccare il freno davanti in curva sul bagnato (di solito mi faceva vedere a questo punto la cicatrice sul gomito, che alcuni maligni sostenevano fosse in realtà un incidente di potatura degli olivi), oppure ci si avventurava in pista con una tuta di pelle in prestito due taglie più grande per provare a spingere un po’ più forte. Si andava per tentativi, si provava, si batteva la bocca in terra, si migliorava con l’esperienza. Alla fine, ti sentivi un motociclista! Eri un iniziato, parte di qualcosa, pensavi di te stesso Io Sono! motociclista, perché cazzo me lo sono meritato, ho sofferto per esserlo, e non è sempre stato facile.

Ora, per affrontare le diverse situazioni che si possono presentare, si cambia la mappatura, si imposta le sospensioni con un pulsante; rain, in coppia, da solo, sport, touring. Tutti uguali, tutti democraticamente rincoglioniti e illusi che una lucina sulla strumentazione possa sostituire l’istinto dato dall’esperienza conquistata con la gradualità o di un buon corso di guida, indispensabile per chiunque, anche esperto, per acquisire ancora più consapevolezza di sé e del proprio mezzo, della fisica e della dinamica che ne regola il comportamento.

Ma è proprio questa immediatezza, la mancanza della difficoltà, del gusto che si prova nel riuscire finalmente in qualcosa che sta uccidendo sempre di più l’interesse delle nuove generazioni o di chi si avvicina tardivamente alla moto non capendo cosa ci sia di così difficile nel dare gas e frenare, benché a cavalcioni su una sella.

Il rendere ogni motocicletta sempre più impersonale, mancante di carattere è probabilmente il fattore più controproducente, se si guarda alla realtà che ci vede invecchiare ed estinguerci, e non è solo l’opinione di un nostalgico che sfondò il tubo della grondaia del vicino con un Beta tre marce all’età di dodici anni, ben trentadue anni fa, e che imparò a sue spese che se freni sul brecciolino, il motorino si sdraia.

 

 

La foto di copertina è del Furbinentreffen 2015. Il raduno, che nella prossima edizione compierà 17 anni, vede sempre meno motociclisti partecipanti sotto i 40 anni. 

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