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Ma la moto pesa sul redditometro?

 

di Kiddo

Quei tre fogli di carta sono stati una presenza costante di quasi tutta la mia vita finora.

Sono tre buoni postali, uno da centomila lire e due da cinquantamila, che la nonna Natalina, trent’anni fa, pensò bene di regalarmi per la comunione. Sinceramente rimasi non poco deluso, sul momento. Avevo sperato che la catechesi sorbita potesse valere almeno il camper di Big Jim, o Pegasus, il destriero di Baron Karza, invece mi si presentò una busta con quei fogli colorati, che non guardai neanche. Per un bambino di undici anni, “grosso pacco” = gioia; “busta” = fregatura.

Mi venne detto di conservarli con cura, che mi sarebbero serviti da grande (“grande” = concetto astratto che vuol dire con i Micronauti non ci puoi più giocare) per “qualcosa di importante”.

Così, quei buoni postali sono stati custoditi dapprima in fondo al cassetto delle mutande, assistendo a tutte le mutazioni della biancheria intima maschile dal 1983 al 2013: slippini da bambino, slip un po’ più grandi, i primi boxer coloratissimi, poi sempre più sdruciti (si sa, ci si affeziona non poco a indumenti complici delle prime esperienze sessuali), poi quelli grossi, falsamente elasticizzati della linea Levi’s 501; boxer di tessuto, coordinati alle camice; sospensori da pugilato; mutandoni da babbo, quelli a coste con il buco per far prima; e ancora boxer comodi ma economici, che mia moglie compra al mercato a Sesto. Successivamente, si spostarono in cassaforte.Ogni tanto venivano controllati, portati alle Poste per conoscere il valore di quel piccolo tesoro, scoprendo ogni volta che la nonna aveva visto giusto e raggiungendo ai trenta anni, momento dal quale cessavano di essere fruttiferi, la somma ragguardevole di ben 1.800 €!

Ho sempre pensato una cosa, a proposito di quei buoni postali: che erano miei. Che me li sarei spesi in qualcosa di inutile e meraviglioso, ma che avevo desiderato da tanto tempo. Erano il mio sogno nel cassetto, dove il denaro può davvero essere il modo di realizzarne uno; anche piccolo, stupido, ma importante.

Al momento della riscossione nel piccolo ufficio postale di San Domenico di Fiesole la gentile funzionaria mi chiede se voglio reinvestirli in obbligazioni al 3,5% annuo. Un ottimo interesse, ma no grazie, ho deciso che questi me li sputtano. Comincio una delle mie solite ricerche sui siti di annunci, e finalmente la trovo: una splendida Speed Triple 955i, seconda serie, quella con le prese d’aria sul codone, forse la più bella che abbiano fatto. La Speed è uno dei miei tantissimi “what if”, la adoro dal 1998, anno in cui mi presi il Gs 1100 perché giravamo molto; ma che shock, che spettacolo quei due faroni tondi che facevano tanto endurance. Una di quelle che cose che ammiri da fuori, perché per me che ho sempre usato la moto per viaggiare, era inavvicinabile. Ha un botto di chilometri, 60.000, e di sicuro il proprietario ha difficoltà a venderla, così chiede davvero poco: 1.800 € precisi! Vado anche a vederla ed è davvero bella, a posto anche di meccanica perché usata con molta cura, tagliandatissima, secchiate di accessori accumulate negli anni, verde brillante. Sono già praticamente deciso: una moto da strada praticamente non l’ho mai avuta, sarebbe un’esperienza nuova, tutto un mondo da scoprire, un regalo perfetto dalla mia nonna che non c’è più. Un oggetto più da guardare che da usare, da sbirciare da sotto il lenzuolo nelle lunghe giornate invernali o per qualche girata d’estate. Chi se ne frega se ha i chilometri, io ce ne farò mille l’anno…

Poi però un dubbio angoscioso mi assale: ma un’altra moto, non è che mi conta sul redditometro? Possedere una moto vuol dire poter dimostrare di potersela permettere. Non importa se tieni l’assicurazione per due mesi l’anno, se un treno di gomme ti porta fino alla pensione o se fai la manutenzione completamente da solo, vallo a spiegare a quelli del fisco: se hai una moto devi avere un reddito annuo ben preciso! I media operano quotidianamente uno strisciante terrorismo di uno Stato che vede e tutto  e applica indiscriminatamente una severa legge del taglione. Sono devastato dal dubbio: davvero ho voglia di rischiare la verifica fiscale per un cancello che non userò mai?

Per fortuna mi viene in aiuto proprio la bolletta del gas, che è rincarato in maniera mostruosa, poi l’IMU, che rosica la sua parte del gruzzoletto lasciato dalla Natalina; la mensa dei figlioli, che il comune ha rincarato, l’assicurazione della macchina, aumentata a dismisura, il bollo della moto (l’altra) e il tagliando, tutti e due più salati degli anni passati. Visto poi che erano rimaste due soldi, i pargoli premono per andare tre giorni a sciare, e così finiscono le mie duecentomila lire. Considerato lo spauracchio del redditometro posso considerarmi fortunato di non aver rischiato di prendermi un’altra moto e di conseguenza una terrorizzante visita del fisco, e tutto sommato posso pensare che alla fine i buoni postali sono serviti davvero per qualcosa di importante, ovvero le normali spese della mia famiglia. Si, ma vallo a spiegare a quel bambino di undici anni…

Epilogo: mia mamma nel 1983, per il mio dodicesimo compleanno, mi regalò un buono postale da centomila lire. Un tizio di Siena ha messo in vendita un Dr Big 750 del 1988, provate a dire quanto vuole?!

 

 

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