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La strana simbiosi tra motociclista e moto

di Pier Peio

Oggi, la moto sembra stenti a girare, e anche a me girano male…

L’onda lunga di un torto subito il giorno prima che faccio fatica a metabolizzare, la giornata comincia bene, penso, già come tutte le settimane ho il dentista, da 3 mesi a questa parte. Appuntamento alle 10,30 ma alle 11,00 sto ancora aspettando e a mezzogiorno devo andare a ritirare una moto in officina e la Nevada dal gommista. Alle 12,30 finalmente entro e stavolta la seduta è più breve e riesco a tener fede ai miei impegni, va meglio.

Sto andando dai miei figli ma la moto non va bene come al solito, lo so che la gomma nuova è da rodare e che da nuova scivola ma non è questo il problema, è come se la moto fosse uno specchio che riflette il mio pessimo umore: la sento ruvida e non mi asseconda come al solito.

La strada si inerpica sulle colline, sarebbe bellissima e panoramica ma è piena di crepe e dislivelli nell’asfalto dovute agli smottamenti causati dalle ultime piogge, eppure chilometro dopo chilometro mi sento meglio. La mente si fa sgombra dai pensieri cupi, bisognerebbe poter andare in moto 24 ore al giorno, vita natural durante e che tutto il resto vada beatamente a quel paese. Ripenso ai miei rapporti interpersonali, spesso difficili, a volte sembra di parlare un’altra lingua.

Quante cose negli anni son cambiate: case, cose, lavori, amici, donne. I figli, invece, vanno e vengono come le nubi portate dal vento. L’unica cosa che non è mai cambiata è questa irrefrenabile necessità di movimento, con le moto. Cercare di raggiungere un orizzonte, ben sapendo che dietro ad esso se ne cela un altro, e un altro ancora e che il viaggio, stradale o esistenziale che sia, non finirà mai, prigioniero felice di questa sorta di moto perpetuo, fin che batte il cuore, finché c’è benzina, finché gira il motore.

 

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