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Ducati V4 o V2? Quando l’occasione del cambio diventa un dilemma shakespeariano.

Ducati V4

Succede che ti capita un’occasione d’oro per fare un cambio di moto in qualche modo epocale. Ragionamenti di testa, di cuore, di conto in banca. E alla fine the winner is…

Deciso a porre fine, costi quel che costi, alla telenovela della chiave elettronica (di tre ne funzionava random una a caso a seconda del cambio del dollaro, delle fasi lunari o di salcazzo cosa) porto la mia Multistrada in concessionaria. “Per tornare a casa prendi questa” mi dice quella lenza di Marchino. E mi mette in mano le chiavi di una Ducati V4 con pochi km più del rodaggio, garantita fino a ben oltre la scadenza della mia patente, accessoriata con borse, cavalletto centrale, manopole e selle riscaldate, e altri ammennicoli che insomma, uno si mette in viaggio ora e si ferma tra sei mesi e manco gli fa male il culo.

Metto in moto e parto. Pensieri che frullano intanto che polso cuore e testa cercano di cogliere ogni sfumatura. Possibilmente negativa.
Nulla, neanche una: minkia come va!

Dopo due ore di luna park in collina torno in concessionaria. Preventivo riparazione, preventivo permuta con Ducati V4, consultazioni con moglie, banca, indice Nikkei, calcoli che il cervellone della NASA per la missione su Marte scànsati proprio.

Quindi?

Quindi facciamo finta che l’aspetto economico non sia un problema (facciamo finta appunto): un motore da urlo, un filo di gas e ti trovi a velocità warp protetto in una specie di bolla aerodinamica, ciclistica che reagisce sempre sincera nonostante la disabitudine alla ruota alta, elettronica da MotoGP che ti salva dalle mille scemenze che potresti fare, display che se in autostrada ti annoi ci guardi Netflix, una specie di sogno su due ruote che appoggi il ginocchio su per monte Morello o arrivi a Capo Nord in tre giorni, dipende solo da te.

Lì accanto guardo la mia Pikes Peak 2012, colpevolmente usata pochissimo, e forse proprio per questo seccata al punto di darmi qualche grattacapo. E’ la prima versione, quella vera, DUE cilindri DUE, pistoni grossi come boccali dell’Oktoberfest, un’alchimia di desmo, monobraccio, tubi, vibrazioni, ignoranza.

Ma soprattutto: E’ BELLISSIMA.

Di un bello ineguagliato che non ti ci abitui, col suo inconfondibile abito sexy ma non volgare, come una signora che senza alcuno sforzo dimostra la metà dei suoi anni, che la guardi e l’ammiri, la guidi e sbavi, l’ascolti e godi, la senti recalcitrare e sorridi.

Gigi da Firenze sud, il mio indimenticabile maestro, diceva sempre: una moto va presa a pipiritto.

Appunto, non c’è storia. E giuro: la volpe e l’uva non c’entrano. E comunque avrebbe avuto quella ciofeca di chiave elettronica anche la V4.

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