La scintilla che ha innescato il Big Bang motociclistico

C’è un preciso momento in cui una scintilla ha innescato l’incendio della passione per la moto? Franz ricorda perfettamente il suo personale Big Bang, e tributa un omaggio al cugino corridore. E non solo.

Ogni passione nasce da un suo big bang. E’ ovvio che noi che scriviamo o leggiamo pensieri su un magazine online tipo questo (il migliore di tutti tra l’altro, oh vedrai…), abbiamo in comune una grande passione: la motocicletta. Questo mezzo instabile, scomodo, poco protettivo, che incute timore, eppure così affascinante, leggero, libero, veloce. Un tempo stravagante giocattolo per aristocratici pionieri, protagonista fin da subito di competizioni impensabili, successivamente usato a fini militari, poi utilitaristici, celebrato nelle opere dei futuristi degli anni ’20, poi diventato mito nelle più svariate forme, dalla Vespa di Gregory Peck alla Triumph di Steve McQueen.

Mario Guido Dal Monte: Motociclista. 1927
Mario Guido Dal Monte: Motociclista. 1927

 

Dal prototipo di Daimler alla moto che sta in piedi da sola ne è stata fatta di strada, e noi siamo sempre qui a domandarci quale sia la molla che ci spinge ogni giorno a infilarci giaccone guanti e casco e a salire in sella, chi per andare al lavoro, chi per fare il giro del mondo.
Già, ma quand’è che dentro di noi è scattata quella molla? Qual è stata la scintilla che ha acceso l’incendio, il big bang? Avete avuto anche voi un padre che si chiamava Graziano e faceva il motomondiale? Io no, ma qualcosa di simile in effetti c’è.

 

Primissimi anni 70, durante una riunione di famiglia un po’ agitata apprendo che un mio cugino più grande ha cominciato a fare le corse in moto. Non a fare il matto per strada, ma gare vere, come quell’Agostini di cui si sente tanto parlare. Vabbè, quasi.
Io, ignaro ragazzino alle prese con Omero e con le divisioni a due cifre (senza calcolatrici, tsè), mi incuriosisco, non tanto per il fatto in sé, quanto perché intuisco e mi colpisce e mi piace quel suo andare controcorrente rispetto alle aspettative familiari.  E comincio a comprare qualche rivista specializzata. Le cronache su Moto Toscana lo ritraggono a Misano in sella a una Laverda SFC, la classifica lo vede fuori della zona punti in una gara vinta da un tal Franco Uncini su Ducati, ma la mia ammirazione cresce.

Moto Toscana
Moto Toscana

 

Comincio a fargli qualche timida domanda, lui mi regala un vecchio casco, ogni tanto mi porta dei depliant.

Qualcosa sta per innescare un processo di autocombustione.

Arriva una mattina di mezza estate, Omero e le divisioni sono brillantemente archiviati, Gigi, il cugino corridore in motocicletta, passa da casa mia e mi chiede di accompagnarlo per una commissione. Scendo di corsa e lo trovo in sella a un fantastico cavallo nero, un concentrato di muscoli abbellito da due strisce arancioni sul serbatoio: la mitica Guzzi 750 S, una delle moto più belle della storia.
Mia mamma dalla finestra ci guarda con apprensione, ha già capito tutto.

Vicino casa mia c’è un cavalcavia che oltrepassa la ferrovia, è uno di quelli che si sviluppa per un breve tratto in lunghezza e che quindi sale e scende con una pendenza piuttosto accentuata. Cento metri prima Gigi mi prende le mani modo che mi arregga forte a lui.
Poi apre il gas.
Un tuono, un lampo. Eccola la scintilla, eccolo il Big Bang che ha dato origine al mio personale universo!
Ricorderò sempre l’emozione fortissima su quel cavalcavia, l’eccitazione che prevale sulla paura, quella nettissima sensazione di volare. Fu quello, profondo e indelebile, il preciso momento in cui capii che la motocicletta sarebbe stata una mia inseparabile compagna di viaggio.

PS: dopo aver scritto queste righe mi sono messo a frugare nello scatolone delle vecchie foto, e tra le altre ho trovato questa di mio babbo, che peraltro non ho mai conosciuto. E insomma, anche il DNA deve aver inciso parecchio (tra l’altro lo scarico della Guzzi Alce del Regio Esercito è modificato).

Big Bang
Il Big Bang motociclistico di Franz ha origini nel DNA? In questa foto suo padre.

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